«Oltre a chiedere agli organi preposti che vengano chiarite le responsabilità di tutte le persone coinvolte e che si faccia il possibile perché tutto ciò non si ripeta, la comunità ecclesiastica è chiamata a interrogarsi sulle cause che possono aver condotto a tale sofferenza». La voce è quella di volontari e cappellani della pastorale carceraria della diocesi di Napoli che hanno incontrato l’arcivescovo, don Mimmo Battaglia.

La sofferenza cui fanno riferimento, invece, è quella scaturita dal pestaggio dei detenuti a opera degli agenti penitenziari nel carcere di Santa Maria Capua Vetere: «La violenza documentata nei filmati ci invita a considerare, oltre la denuncia delle dinamiche di potere attuate da una piccola parte degli agenti penitenziari, il limite culturale purtroppo ampiamente diffuso». Gli uomini di chiesa che vivono la realtà carceraria ricordano che la violenza non è l’unico male da estirpare: bisogna cambiare la cultura, il modo di pensare e quindi il mondo delle carceri, nate con lo scopo di rieducare e non con quello di infliggere una pena secondo modalità spesso in contrasto con la Costituzione.

«Nella piena consapevolezza che non è possibile tacere davanti a inconcepibili atti degenerati in violenza ingiustificata ai danni dei detenuti, esprimiamo ferma condanna di ogni forma di abuso di potere – affermano i cappellani, i volontari e l’arcivescovo – Infatti assicurare l’esecuzione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale non può legittimare in alcun modo l’uso spropositato della forza e l’offesa della dignità umana: la pena dev’essere reale possibilità di riscatto sociale, per recuperare il senso di umanità perduto e offeso».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.