“Io ho attraversato la notte della Repubblica che sono questi 41 anni. Oggi più che mai penso che ci sia bisogno sempre di giustizia e mai di vendetta. I parenti delle vittime non possono giudicare i carnefici dei loro genitori perché sebbene sia umano, troppo umano questo sentimento di quasi rivalsa, lo Stato e le istituzioni funzionano in un’altra maniera. Ci vuole la terzietà del giudice, ci vogliono le istituzioni che applicano le regole. Io di questo ne sono convinto anche se per me è stato molto doloroso”.

Così l’ex sindaco di Pescara, Marco Alessandrini, in merito al dibattito che si è aperto a livello europeo sull’ergastolo ostativo. Ieri a Pescara è stato ricordato suo padre, il magistrato Emilio Alessandrini, ucciso in un attentato a opera dei militanti dell’organizzazione comunista Prima Linea il 29 gennaio 1979 a Milano. A quarantuno anni da quel tragico evento Alessandrini non ha nascosto il vuoto lasciato dalla perdita del padre, «un riferimento molto importante – ha detto -. Allora uno cerca di recuperare questa eredità non solo nella dimensione pubblica, ma anche in quella privata. In qualche modo credo di aver ritrovato mio padre anche grazie ad un cambio memoriale che c’è stato al riguardo.

E a chi lo definisce eroe risponde citando l’Eroe Borghese di Corrado Stajano: «Penso che tutte le vittime di quella stagione se potessero tornare indietro sorriderebbero dinanzi al fatto di fronte al fatto che sono divenuti tali. Non facevano altro che il proprio dovere. Forse questa è una lezione amara del nostro paese di ieri e di oggi per cui l’esercizio del dovere finisce per diventare straordinario quando dovrebbe essere ordinarietà delle cose»

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