Entrando alla kermesse di Forza Italia a Milano mi sento un po’ come il figliol prodigo che torna a casa: emozione e nostalgia; anzitutto per le stagioni di entusiasmo e grandi riforme su cui Forza Italia deve tornare a dire la sua. In attesa di riabbracciare Silvio Berlusconi, siate protagonisti del prossimo tavolo con Meloni, Salvini, e pezzi di mondo politico oltre lo steccato del centrodestra.

Serve un’Italia facile, che surfi l’onda della modernità anziché annegarci sotto, come suggeriscono traiettoria demografica e oppressione burocratico-fiscale; che promuova le sue eccellenze, ma anche una grande medietà, cioè l’accesso di tutti alle opportunità, risvegliando la mobilità sociale. Scegliete il progresso -che “è tale solo se per tutti”, diceva Henry Ford-: istruzione nuova che consegni i ragazzi prima e più pronti a lavori nuovi, alcuni ancora da immaginare (con soli 10 iscritti a Fisica, a Bicocca, siamo in fuorigioco sulle start up tecnologiche, il futuro), P.A. svecchiata (solo il 3% è nativo digitale), guerra alle 70 autorizzazioni che impediscono a chiunque non si possa permettere 18 mesi di costi e attese, d’inventarsi un lavoro se non lo si trova; osate un taglio tasse storico da aggressione alla spesa pubblica. Se in dieci anni raddoppia e sfonda i mille miliardi, senza produrre rivoluzioni infrastrutturali, di welfare, istruzione, sanità e contenimento di povertà, si spende male, oltre che troppo.

Allora meno Stato, più libertà. In giustizia, separazione delle carriere, ne dello strapotere dei pm, e liti tributarie veloci: qui durano 11 anni, in Germania tre. Fondi, investimenti e lavoro vanno altrove, e ci rimette chi ha meno. Se smettono di mangiare italiano in Giappone, saltano posti di lavoro qui. Imprese piccole devono aver convenienza scale a fondersi: più grandi, più competitive, più sicuri i lavoratori. Allora tornerà il coraggio di far gli, e al Sud toglieremo metri di campo alla criminalità. Ispiratevi insomma alla miglior promessa elettorale: “Non disturbare chi vuole fare” (copyright Meloni) e al principio di massima creazione di nuova ricchezza, da redistribuire solo dopo e senza sprechi assistenzialistici.

Il mondo, spinto da tecnologia e pandemia, vira sull’individualismo. I cittadini ragionano da consumatori. Chiedono servizi in cambio di contribuzione contenuta. Tenetene conto per riforme istituzionali (Titolo V, Presidenzialismo?) che fruttino una democrazia efficiente, e dunque meno fascinazione verso i regimi, nel derby ahimè protagonista dei prossimi anni. E sull’immigrazione, spronate l’Europa, ma meditate: a Miami un rifugiato politico in fuga da Maduro arriva lunedì, mercoledì firma un contratto di lavoro con Uber (altro che difendere i taxi), giovedì ottiene un finanziamento e un’auto, da venerdì lavora e guadagna bene, ed è integrato. Non scivolerà in delinquenza di necessità e non irriterà nessuno. Ordine e coesione sociale esistono solo con la crescita. Fate riforme per cercarla furiosamente. Allora, ci sarà dividendo politico per tutti. In bocca al lupo, riformisti.