Il tema europeo
Francia, la legge sull’immigrazione nel segno della sovranità: il realismo di Macron
Il cuore pulsante in Parigi ha immediatamente reagito con le prime manifestazioni di dissenso e si può scommettere che i prossimi saranno giorni caldi malgrado le festività. Ma il presidente francese è riuscito a dare una risposta immediata all’Europa che per la prima volta si è riunita alla ricerca delle possibili soluzioni

Emmanuel Macron ha avuto fegato esponendosi senza ipocrisia e al tempo stesso ha varato una riforma liberale che di conseguenza ha messo in allarme tutte le centrali della retorica, le quali finora hanno avuto partita vinta attraverso la confusione tra princìpi etici banalizzati e lo spettro dei radicalismi sia di destra che di sinistra. “Abbiamo costruito lo scudo di cui avevamo bisogno” ha detto davanti al canale della televisione pubblica dopo l’approvazione della sua legge che disciplinerà d’ora in poi i flussi degli immigrati sia regolari che clandestini.
Il passo europeo
La riforma francese è arrivata poche ore dopo il varo della riforma europea sullo stesso tema, che non è un capolavoro ma è comunque un primo passo unitario e politico dei paesi dell’Unione, rappresenta la prima legge organica che salvaguarda sia le libertà che i diritti, i doveri, il patrimonio pubblico e la dignità personale di tutti gli immigrati che finora sono arrivati in Europa attraverso canali di sfruttamento e di illegalità non più sostenibile. Il cuore della nuova legge consiste nel fatto che ogni nazione europea, a cominciare dalla Francia che ne dà l’esempio, prende attivamente le decisioni necessarie per rendere impossibile l’immigrazione clandestina a scapito della sorte dei rifugiati.
La sovranità al centro
La riforma di Macron segue un principio fondamentale: la sovranità dello Stato francese è l’unico potere decisionale in materia di accoglienza o di respingimento che intende esercitare questo potere in maniera ti legittima, rispettosa dei diritti umani sia di chi arriva sia di chi vuole essere tutelato nella sicurezza. Ciò significa mettere al bando tutte le organizzazioni corsare che nome di principi umanitari regolarmente negletti, contendono lo Stato centrale di agire politicamente in modo programmato, progressivo, secondo criteri che salvaguardino non soltanto la Francia mai confini dell’Europa. Quindi anche i confini di paesi di primo approdo come l’Italia, che certo non vedranno risolti in un attimo i gravi problemi dei flussi, troveranno nella Francia d’ora in poi un partner e non un nemico egoista. In questo ci sembra che sia apprezzabile un salto in direzione liberale di un problema sia etico che economico, organizzativo e culturale, liberandolo dalla camicia di forza dei luoghi comuni che sono strumentalizzati sia dalla destra che dalla sinistra. Certo, la riforma si è messa a confronto con il caos, è considerata per il suo realismo alquanto di destra, nel senso che annuncia decisioni e gli strumenti per attuarle. Come nel caso della rapidità dei respingimenti o dello stop allo sperpero senza controllo dei servizi pubblici statali francesi letteralmente saccheggiati da un ventennio di confusioni politiche e morali.
L’altra posizione
La Francia non è l’Italia. Non soffre lo strapotere delle singole Regioni, ma lo Stato è e resta centralizzato così com’è urbanisticamente scolpito negli imponenti volumi del 1er Arrondissement di Parigi, il quartiere delle istituzioni. La Francia non ha mai visto di buon occhio la decentralizzazione e meno che mai la contraddizione di misure prese localmente come invece accade in Italia. Il cuore pulsante in Parigi ha immediatamente reagito con le prime manifestazioni di dissenso e si può scommettere che i prossimi saranno giorni caldi malgrado le festività. Ma il presidente francese è riuscito a dare una risposta immediata all’Europa che per la prima volta si è riunita alla ricerca delle soluzioni possibili malgrado le divisioni interne, peraltro meno rigide dopo la sconfitta della destra polacca.
“Ce n’est qu’un début, continuons le combat” (Non è che l’inizio, continuiamo la lotta) gridavano gli insorti del “Jolie Mai” parigino del 1968: è solo l’inizio, continuiamo a combattere, questo sembra essere l’atteggiamento assunto dal Presidente deciso ad arrivare a una soluzione che possa essere adottata anche da altri Paesi dell’Unione.
Il bacio della morte
La riforma e stata approvata due giorni fa dal Parlamento francese su proposta del ministro dell’Interno Gérald Darmanin con 349 voti a favore e 186 contrari, grazie al sostegno determinante dei partiti di centrodestra sulla legge del partito “Renaissance” di Macron ed è indubbio che l’appoggio dichiarato e accettato del Rassemblement National di Marine Le Pen, insieme ai voti porti un sacco di guai politici e sia stato subito definito “il bacio della morte” per il governo che ha subito cominciato a sgretolarsi con le dimissioni del ministro della sanità Aurelien Rousseau.
Ma nell’accettare queste conseguenze inevitabili è consistito il coraggio Di Macron che ha riconosciuto la legittimità di alcune richieste come la reintroduzione del reato di “soggiorno illegale” e l’introduzione, così come già avviene nelle democratici del Regno Unito e degli Stati Uniti, dell’obbligatorietà del permesso di soggiorno per gli studenti, secondo quote annuali decise dal governo e non dalle consorterie che impongono i flussi migratori secondo i propri criteri di profitto arbitrari e da ora illegali.
Di fronte all’accusa di collusione con la destra di Marine Le Pen, Emmanuel Macron ha detto in televisione di aver avuto in mente soltanto lo stato d’animo della maggioranza del popolo francese per il quale è diventata impossibile la vita nei quartieri popolari delle grandi città per l’assenza delle garanzie di sicurezza di fronte a comportamenti violenti nei confronti dei cittadini francesi e degli stessi immigrati.
Il coraggio politico liberale è consistito proprio nel contendere con le leggi l’arbitrio di chi finora ha esercitato un potere illegittimo e fallimentare. Marine Le Pen è stata molto cauta e ha cercato di non dare l’impressione di una vittoria di partito ribadendo però la necessità di una riforma costituzionale che renda la legislazione più rapida. Ma è indubbio che la riforma approvata somigli di più al ruvido realismo del Front National che alle proposte della sinistra di Melanchon.
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