Balcani, terre d'Europa
Bosnia ed Erzegovina nell’Unione Europea: i tempi e le 14 condizioni da soddisfare
Giovedì 14 dicembre è stata una giornata importante per la Bosnia ed Erzegovina, anche se la notizia è passata in secondo piano per via dell’importanza della decisione su Ucraina e Moldavia. Ma comunque anche per la Bosnia ed Erzegovina si apriranno i negoziati quando le condizioni richieste saranno soddisfatte, quindi a marzo.
Certo, la Bosnia ed Erzegovina aveva 14 condizioni da soddisfare, Ucraina e Moldavia molte meno, e già questo è stato oggetto di discussione tra gli/le esperti/e di allargamento e specialmente di Balcani. Comunque, va riscontrato che il linguaggio usato nelle conclusioni del Consiglio europeo sulla Bosnia ed Erzegovina è molto positivo: un linguaggio che lascia spazio alla speranza che massimo a marzo, i negoziati avranno inizio.
Bosnia nell’Ue, il primo step: le riforme attuate
Un punto importante per capire questa decisione è analizzare le riforme fatte o non fatte e capire anche come la popolazione bosniaca e i politici bosniaci abbiano preso questa notizia (sempre fondamentale includere il punto di vista di chi vivrà le conseguenze di questa decisione).
Partendo dalle riforme, la Bosnia ed Erzegovina nell’ultimo periodo ha attuato alcune delle riforme richieste, ma quelle più necessarie sono anche quelle che non riescono ad avanzare. Quali sono quindi queste 14 ‘priorità’ da soddisfare? Sono divise in diverse categorie: democrazia, stato di diritto e diritti fondamentali.
Bosnia nell’Ue, le 14 condizioni da soddisfare
Per quanto riguarda la categoria della democrazia, le priorità sono, ad esempio, l’avere elezioni condotte in conformità con gli standard europei. Inoltre, assicurare il corretto funzionamento della commissione parlamentare di stabilizzazione e associazione, adottare un programma nazionale per l’adozione dell’acquis comunitario, migliorare il quadro istituzionale anche a livello costituzionale e introdurre una clausola di sostituzione che consenta allo Stato, al momento dell’adesione, di esercitare temporaneamente le competenze di altri livelli di governo per prevenire e rimediare alle violazioni del diritto dell’Unione europea. Ultimo, ma non meno importante, garantire l’indipendenza del potere giudiziario, compresa la sua istituzione di autogoverno, il CSM (HJPC).
Si aggiungono poi le condizioni di riforma della Corte costituzionale, affrontando la questione dei giudici internazionali, e la garanzia della certezza del diritto, istituendo un organo giudiziario incaricato di garantire un’interpretazione ultima e coerente del diritto per tutta la Bosnia ed Erzegovina.
Inoltre, ci sono l’uguaglianza e la non discriminazione dei/le cittadini/e, in particolare affrontando la giurisprudenza della Corte EDU nei casi Sejdić-Finci e seguenti (sulla limitazione dei diritti politici di chi non si dichiara bosgnacco, croato o serbo); garantire che tutti gli organi amministrativi responsabili dell’attuazione del diritto UE si basino solo sul professionalismo e non possano più esercitare il diritto di veto etnico nelle loro decisioni. Infine, la Bosnia ed Erzegovina dovrà prendere misure concrete per promuovere la riconciliazione.
Bosnia in Ue, i tempi necessari per le riforme
Come vediamo, già solo in questo ambito non sono riforme da poco, e sicuramente non sono riforme attuabili in qualche mese; sarà un processo lungo, che richiederà pazienza e dedizione; purtroppo, i politici bosniaci mancano di entrambe.
Per quanto riguarda lo stato di diritto, le riforme richieste devono: migliorare il funzionamento del sistema giudiziario mediante l’adozione di una nuova legislazione sull’Alto Consiglio Giudiziario e Procuratore (il CSM bosniaco) e sui tribunali della Bosnia ed Erzegovina, in linea con gli standard europei; rafforzare la prevenzione e la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, compreso il riciclaggio di denaro e il terrorismo. Assicurare un coordinamento efficace, a tutti i livelli, della capacità di gestione delle frontiere e della migrazione, nonché il funzionamento del sistema di asilo.
Le riforme che riguardano lo stato di diritto sono le più importanti, soprattutto alla luce dei problemi interni all’Unione europea riguardanti lo stesso tema. Per cui, se la legge sul CSM bosniaco riuscisse ad essere adottata e attuata, sarebbe un passo talmente importante che probabilmente aprirebbe la porta al negoziato per la Bosnia ed Erzegovina.
Infine, la parte sui diritti fondamentali. Viene richiesto alla Bosnia ed Erzegovina di rafforzare la tutela dei diritti di tutti i/le cittadini/e, in particolare assicurando l’applicazione della legislazione sulla non discriminazione e sull’uguaglianza di genere. Inoltre, il diritto alla vita e il divieto della tortura devono essere garantiti, come anche un ambiente favorevole alla società civile, in particolare sostenendo le norme europee in materia di libertà di associazione e di riunione. Mancano una migliore protezione e inclusione di gruppi vulnerabili, in particolare persone con disabilità, bambini, persone LGBTI, membri della comunità rom, detenuti, migranti e richiedenti asilo, nonché sfollati e rifugiati.
L’ultima richiesta è quella di completare i passi essenziali della riforma dell’amministrazione pubblica per migliorare il funzionamento complessivo della pubblica amministrazione. Su questo la Bosnia ed Erzegovina ha fatto tanti passi avanti ed è uno dei punti cardine positivi.
Come vediamo, le richieste sono tante, stringenti e difficili. Ucraina e Moldavia avevano soltanto la metà di queste condizioni da soddisfare, nonostante la loro situazione non sia comunque fra le migliori e anche loro dovranno ancora fare molte riforme.
La Bosnia ed Erzegovina ha la complicazione ulteriore di un sistema istituzionale particolarmente complesso imposto dagli accordi di Dayton che, vista l’assenza di una volontà cooperativa, rende il paese disfunzionale; ogni riforma deve passare prima dalla Presidenza tripartita (bosgnacca, croata e serba), poi al Consiglio dei Ministri, infine al Parlamento con le sue due camere (di cui una può bloccare tutto con l’esercizio dei diritti di veto etnici). È noto che i rappresentanti della Republika Srpska, una delle due entità territoriali, rigettano spesso e volentieri riforme che servirebbero davvero al paese. E infine, è noto anche che se la sola Federazione potesse prendere decisioni di politica estera, tante riforme sarebbero già state attuate. Trattandosi di una competenza dello stato, è purtroppo quasi certo che qualsiasi decisione diventi controversa e a rischio di blocco.
E allora, cosa succederà a marzo? Le conclusioni del Consiglio europeo indicano che forse sarà possibile sorvolare su qualche riforma non implementata – alla fine, l’Unione europea sa benissimo che bisogna dare una prospettiva concreta a questi paesi. Altrimenti saranno altri attori (Russia, Cina, Turchia) a riempire il vuoto o – peggio ancora – ci potranno essere nuovi conflitti.
È tempo per la Bosnia ed Erzegovina di compiere la strada delle riforme per poi finalmente poter aprire i negoziati con l’Unione europea. Non vi è il minimo dubbio: la Bosnia ed Erzegovina è Europa.
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