Lee Mordechai è un docente dell’Università Ebraica di Gerusalemme che, da qualche mese a questa parte, ha deciso di screditarsi affastellando e riproponendo dati falsi e notizie non verificate sulla guerra di Gaza. Ha preso quei numeri – distribuiti dagli autori del pogrom del 7 ottobre, e digeriti dalle organizzazioni internazionali che si costringevano via via a correggerli quando ne risultava l’erroneità, e cioè sempre – e li ha impacchettati in uno “studio” posto a certificare la tesi inedita e originalissima secondo cui Israele avrebbe perpetrato genocidio e pulizia etnica del popolo palestinese.

Crimini

Dice: embè? Embè il prof. Mordechai l’altro giorno ha deciso di riversare nei social il frutto del suo cimento statistico-accusatorio e, nel giro di qualche ora, ha fatto un bum di milioni di visualizzazioni. Ha ovviamente rimediato la buona quota di discredito di cui dicevo, perché quello tsunami di fake sul numero dei morti civili, sulla “carestia”, sulla “pulizia etnica” e sul “genocidio” si ingolfava inevitabilmente nella placida baia della realtà, protetta da robusti dispositivi frangi-balle. Il che tuttavia non ha impedito ai rimasugli di quelle propalazioni di guadagnare una qualche forma di accreditamento, in particolare grazie a un motivo d’uso ormai secolare: e cioè che i crimini di genocidio e pulizia etnica perpetrati da Israele mica ce li siamo inventati noi, macché, l’ha detto pure un professore (la versione aggiornata di “l’ho letto sul giornale”).

Una volta era tutta campagna

E non solo professore, signori miei, ma pure ebreo. Adoperato persino dalla retorica goebbelsiana, questo argomento, che avvalora una testi antiebraica (oggi si dice antisionista) sul presupposto che è sostenuta anche “dagli ebrei”, si ramifica negli applausi alle balordaggini dei “1000 intellettuali ebrei” che dicono che qui una volta era tutta campagna e negli omaggi all’attore babbeo, popolarissimo nelle manifestazioni per la soluzione finale “from the river to the sea”, che farnetica sul profilo nazista di Israele. In tutti i casi, appunto, con la sussiegosa sottolineatura dell’”ebraicità” della fonte e, pertanto, della nobilitata inoppugnabilità della fesseria. Non rendendosi conto né gli uni né gli altri – e cioè né quelli che intitolano alla propria ebraicità le stupidaggini e le menzogne che disseminano, né quelli che le cannibalizzano presentandole con certificato giudaico – di farsi in tal modo responsabili di un’altra forma, stolida ma non meno pericolosa, dell’inesausto pregiudizio antisemita. Ma non dire né agli uni né agli altri che le balle sul genocidio dissodano e inseminano il latifondo antisemita: si offendono. Gli uni: perché sono ebrei, quindi figurarsi! Gli altri: perché il genocidio c’è scritto pure sui social degli ebrei, che sono gente studiata.