«Questa sera faremo vedere un documento fortissimo che riguarda l’ex sindaco di Mezzojuso, Salvatore Giardina. Che ha sempre detto di non essere mai andato al funerale di don Cola La Barbera, il capomafia del paese. L’uomo che proteggeva la latitanza di Bernardo Provenzano. Un documento che chiarirà la vicenda in modo definitivo». Domenica scorsa, con un ingresso a effetto Massimo Giletti, durante la trasmissione Non è l’arena su La 7, ha aperto così l’ennesimo capitolo, il quattordicesimo, dedicato alla storia delle sorelle Napoli – vittime di danneggiamenti, dietro ai quali ci sarebbe la mano della mafia, alla recinzione dei loro campi con conseguenti invasioni da parte di bovini che ne hanno distrutto le colture – legato a doppio filo con lo scioglimento per mafia di Mezzojuso. L’attesa è trepidante. Il set montato è sempre lo stesso.

Da un lato Rita Dalla Chiesa, dall’altro l’ex deputata Nunzia De Girolamo, in collegamento – alle spalle di Giletti – Irene, Marianna e Gioacchina Napoli. Le tre donne figlie di Salvatore “Totò” Napoli ritenuto, secondo fonti investigative, “capo indiscusso della famiglia mafiosa di Mezzojuso” già dalla fine degli anni Cinquanta e protettore, negli ultimi anni della sua latitanza, di Bernardo Provenzano nascosto proprio da Napoli in un monastero ortodosso del paese, e iscritto nel 1971 nello schedario degli indiziati per mafia, al numero 859, dall’allora capitano della stazione dei carabinieri di Corleone Carlo Alberto Dalla Chiesa. Il grande assente è proprio l’ex sindaco Giardina, accusato nel tribunale mediatico allestito da Giletti, ma non invitato alla trasmissione, in barba al contraddittorio. Il programma va avanti. Monta la suspence. Giletti, più volte, ricorda di essere in possesso, mimando con la mano la presenza di una documentazione cartacea, di un «documento fondamentale per dimostrare la presenza di Giardina al funerale di don Cola La Barbera».

Gli addetti ai lavori si aspettano la famigerata relazione, redatta dai carabinieri e citata nel provvedimento prefettizio di scioglimento per mafia, secondo la quale Giardina era presente, il 29 ottobre 2004, al funerale del boss La Barbera: «Tra i presenti – è scritto nella relazione prefettizia – anche il sindaco Giardina, all’epoca assessore, come annotato in una relazione di servizio dei CC». La presenza dell’ex sindaco a quelle esequie è stato uno degli elementi principali che hanno portato allo scioglimento per mafia del Comune. E che invece, la sezione civile del tribunale di Termini Imerese, pronunciandosi lo scorso agosto sull’incandidabilità di Giardina e di altri assessori della sua giunta, aveva definito «in questa sede non determinante, anche in considerazione dell’incertezza stessa della partecipazione».

Un cortocircuito che desta più di qualche dubbio sulle reali motivazioni che hanno portato allo scioglimento per mafia di Mezzojuso. Antonio Di Lorenzo e Filippo Liberto, legali di Giardina, hanno presentato diverse cartelle cliniche del centro di fisioterapia gestito dall’ex sindaco a Villafrati. Documenti firmati proprio dall’ex primo cittadino in un orario compreso tra le 15 e le 19 del 29 ottobre 2004, mentre si stavano svolgendo le esequie del boss. Giardina non poteva trovarsi a Mezzojuso. L’altro documento che potrebbe mettere un punto sulla vicenda sarebbe proprio la relazione dei carabinieri. La lunga attesa, però, viene delusa. Quello che doveva essere un “documento fortissimo” si riduce a una testimonianza anonima. Che Giletti presenta in pompa magna: «Forse quella carta (la relazione dei carabinieri, ndr) non servirà più dopo questa dichiarazione».

In realtà si tratta di una bolla di sapone che esplode poco dopo. Un soggetto incappucciato, di spalle, con la voce modificata, afferma di aver visto “con i suoi occhi, nel primo pomeriggio” Giardina al funerale di La Barbera. E di non potersi sbagliare perché “c’erano circa 20 persone”. L’uomo si dice, inoltre, «disposto a testimoniare davanti all’autorità giudiziaria». Ma perché la magistratura dovrebbe avvalersi di questa testimonianza se la procura di Termini Imerese, come confermato dal comando dei carabinieri di Misilmeri che l’ha trasmessa, possiede già la relazione “corposa e dettagliata che accerta la presenza di Giardina” su quel funerale vietato dalla questura? Di quali ulteriori elementi avrebbe bisogno e per quali obiettivi? Nel racconto del testimone, però, incappucciato qualcosa non torna. Come confermato da più fonti a Il Riformista, alle esequie di La Barbera sarebbero state presenti più di 1.000 persone.

Un dato che trova un’ulteriore sponda con le affermazioni del collaboratore dell’ex generale dei carabinieri Nicolò Sergio Gebbia, ex assessore della giunta Giardina: «Mi disse – ricorda Gebbia – che aveva rivisto le registrazioni dell’evento, cui avevano partecipato più di mille persone. E che gli amministratori comunali coinvolti erano 5, quattro presenti all’interno del cimitero e il quinto, al vertice dell’amministrazione, che aveva reso una visita di condoglianze alla famiglia del morto. Escluse che fra i presenti ci fosse Salvatore Giardina». Dalla compagnia dei carabinieri di Misilmeri fanno sapere che “il testimone è attendibile”. Della relazione, intanto, non pare esserci traccia. Abbiamo fatto richiesta al comando dei carabinieri ma l’esito è stato negativo.

Richiesta inoltrata anche alla prefettura, siamo in attesa di risposta. Gli avvocati di Giardina aspettavano di leggerla negli atti processuali, ma non è mai stata presentata: perché? A non averla è lo stesso Giletti, tra i maggiori sponsor dello scioglimento per mafia di Mezzojuso. La relazione, a detta di molti, conterrebbe il nome di Giardina tra i presenti al funerale. Perché finora non è saltata fuori?

«Sono incensurato, non si è mai fatta un’indagine su di me. E sono stato crocifisso. Giletti ha buttato fango su un’intera comunità. La trasmissione è stata creata ad hoc per fare pressioni sull’udienza d’appello nella quale, a gennaio, si deciderà sulla mia riabilitazione. Quella testimonianza è un falso e temo che, a seguito delle grandi manovre che in queste ore si stanno profilando in paese, possano essere costruite altre falsità. Tuttavia sono fiducioso perché continuo a credere nella magistratura», dice l’ex sindaco. Intanto i suoi legali ventilano «l’ipotesi di un’attività querelatoria».