Andrea Sceresini e Alfredo Bosco aspettano di essere interrogati dai servizi di sicurezza ucraini. E da oltre dieci giorni sul caso dei due reporter freelance, collaboratori di programmi Rai, non si hanno aggiornamenti. Né da Kiev né dall’ambasciata, denuncia l’avvocato dei giornalisti: i due sui social continuano a essere attivi, non sono spariti nel nulla insomma. L’Ucraina ha tuttavia revocato loro gli accrediti stampa. E sono bloccati. A interrogarli dovrebbero essere gli uomini della Sbu, il servizio di sicurezza ucraino. Sconosciute al momento le motivazioni ufficiali della notifica delle autorità. L’Ordine dei Giornalisti ha lanciato una appello alla Farnesina a intervenire sul caso.

Sceresini ha scritto su Facebook un lungo post in cui spiega la situazione. La voce che sarebbe girata è che i due sarebbero “collaboratori del nemico” o “spie dei russi”. Quando sono venuti a sapere che lo Sbu voleva interrogarli stavano tornando dal fronte di Bakhmut, nell’est del Paese, teatro degli scontri più duri nelle ultime settimane. “Non avendo nulla da temere, forniamo tutti i nostri dati e chiediamo di essere convocati il prima possibile. Solo che nessuno ci chiama. Restiamo tappati per giorni nel nostro appartamento di Kramatorsk, perché fuori è pieno di soldati e posti di blocco, e se ti beccano con un accredito non più valido rischi l’arresto. Poi ci spostiamo a Kyiv, perché a Kyiv c’è la sede centrale dell’Sbu e chissà che non sia più facile per loro venirci a prendere. Ma anche a Kyiv nessuno si fa vivo”.

“Scopriamo anche, sempre mentre siamo a Kyiv, che la nostra colpa – e quella di Salvatore, e di tutti gli altri – sarebbe quella di aver raccontato, nel 2014 e nel 2015, ciò che accadeva a Donetsk e Lugansk. Il che ci renderebbe automaticamente ‘collaboratori dei russi’. Chissenefrega se a Donetsk, tra le altre cose, abbiamo indagato sulle miniere clandestine gestite dai leader separatisti, sui volontari fascisti che combattono coi russi, sulla corruzione, sulle faide interne del fronte putiniano. Chissenefrega se i nostri ‘amici’ separatisti nel 2016 ci hanno persino sbattuto in galera, regalandoci la prima e unica notte dietro le sbarre della nostra vita. Chissenefrega se da un anno seguiamo la guerra da questa parte, spesso a rischio di prenderci un proiettile addosso. Chissenefrega se a ottobre il sottoscritto è stato in Siberia, fingendosi un turista, per raccontare il malcontento che c’è dall’altra parte”.

L’avvocato dei due, Alessandra Ballerini, ha pubblicato una nota sul sito di Articolo 21, in cui ha spiegato: “Di fatto questa accusa, totalmente infondata, si traduce in una gravissima violazione del diritto di informazione e in un rischio concreto per la sicurezza dei miei Assistiti. La sospensione degli accrediti – che erano stati regolarmente rilasciati nel marzo 2022 – comporta  infatti l’impossibilità di muoversi liberamente nel Paese, specie nelle zone vicino al fronte, e il rischio concreto di essere arrestati al primo posto di blocco”. L’unica notizia ufficiale comunicata ai due, continua la legale, sarebbe quell’ipotetico interrogatorio al quale i due sarebbero stati sottoposti da parte dello Sbu.

Secondo quanto dichiarato dalla legale l’interrogatorio avrebbe dovuto svolgersi a Kramatorsk, lo scorso 6 febbraio. E a tal fine erano stati forniti i numeri di telefono e l’indirizzo dei due giornalisti alla Sbu. “Dopo cinque giorni di inutile attesa (che i miei assistiti hanno dovuto trascorrere, per ovvie ragioni di sicurezza, senza poter uscire di di casa, in una città peraltro spesso bombardata dalle artiglierie russe), su consiglio dell’ambasciata – i giornalisti hanno deciso di spostarsi a Kyiv, dove hanno sede gli uffici centrali della Sbu. Da allora non abbiamo ricevuto più nessuna notizia, né dalla Sbu (contattata anche da un avvocato ucraino) né dalla nostra rappresentanza diplomatica“.

Sceresini qualche mese fa aveva realizzato dalla Siberia un servizio in esclusiva in cui rivelava le proteste contro Putin che Mosca prova a tenere nascoste – e quel lavoro lo ha postato anche sui social, presumibilmente per replicare all’accusa di collaborazionismo con Mosca. L’avvocato dei due ha riportato anche il caso di un terzo giornalista italiano, Salvatore Garzillo, cui “è stato impedito di entrare nel Paese attraverso la frontiera polacca, in quanto ‘non gradito’. Nemmeno a lui sono state fornite ulteriori spiegazioni”. Simile esperienza era toccata nel 2022 al reporter Lorenzo Giroffi. Per la legge Ucraina non è concesso, è un illecito, andare nei territori occupati nel 2014 nel Donbass dalle forze di Mosca. Per il lavoro nel Donbass ai tre giornalisti era stato assegnato il premio giornalistico Bonfanti nel 2015.

Carlo Bartoli presidente dell’Ordine dei giornalisti, ha chiesto al ministero degli Esteri di intervenire per “accertare la situazione e garantire ai due connazionali condizioni di sicurezza e agibilità per poter svolgere il loro lavoro”. Più di qualche speranza e aspettativa viene riposta nel viaggio che la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni dovrebbe fare a Kiev nei prossimi giorni, prima del 24 febbraio – secondo quanto era stato annunciato – anniversario dell’invasione della Russia.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.