Il rapporto Ocse
Giovani e smartphone: l’esempio sbagliato lo danno gli adulti

Far leggere i ragazzi è sempre stato difficile. Assegnare i compiti da svolgere non è mai bastato. Bisognerebbe scegliere un libro adatto a ognuno di loro. Ma per farlo dovremmo conoscere le passioni degli studenti. Se un tempo per un adolescente stare concentrato delle ore su un libro era abbastanza insolito, oggi rappresenta una rarità. È vero che continuano ad esistere giovani appassionati di letteratura impegnati a misurarsi coi grandi classici, a casa prima ancora che in aula, ma per trovarli bisogna usare il lanternino. La grande maggioranza resta attaccata allo schermo dello smartphone. La percezione delle frasi scritte è cambiata. I più recenti dati Ocse-Pisa accendono luci di allarme che in un Paese civile non dovrebbero venire trascurate. Sapere che un quindicenne su quattro non è in grado di comprendere un testo anche breve, dovrebbe preoccuparci. Questa, insieme a quella educativa, sarebbe la vera emergenza da affrontare per ogni governo, di qualsiasi colore politico. Uso il condizionale perché così non è. Chi proviene da una famiglia di livello socio-economico superiore continua a risultare avvantaggiato. L’uguaglianza almeno delle cosiddette posizioni di partenza resta un mito novecentesco, un’ambizione per molti versi frustrata.
Siamo tutti sprofondati nella nuova civiltà digitale: in teoria mai come in questa epoca leggere è stato così facile. Pensi a un’opera e immediatamente puoi averla davanti a te, quasi in tempo reale. Le biblioteche del pianeta sono a portata di clic. Eppure, proprio perché ogni libro sarebbe in teoria disponibile, la lettura approfondita viene praticata sempre meno. Ne deriva una mancanza di applicazione e rigore che favorisce comportamenti istintivi e superficiali. Se la riflessione sugli eventi diminuisce, la manipolabilità dell’opinione pubblica è destinata a crescere. Illudersi di poter ottenere una risposta a tutti i nostri quesiti, limitandoci a cliccare su Google, implica un fraintendimento colossale: essere informati non significa conoscere. Non ci sono scorciatoie culturali: per arrivare a padroneggiare un qualsiasi argomento, dobbiamo mettere in conto l’impegno necessario a studiare i contesti, approfondire la tradizione, analizzare i pro e i contro.
La stessa scuola sembra troppo spesso inchiodata a questo muro. Leggere anche una sola pagina di un testo originale serve molto più che impadronirsi velocemente del sommario. E invece, lo dico per esperienza diretta, tanti docenti aggirano la fonte primaria somministrando ai loro alunni un semplice riassunto. A volte danno più spazio alla critica che all’opera col risultato di cancellare le idiosincrasie stilistiche, vale a dire la quintessenza dell’arte. Ammettiamo che non sia semplice rifondare, nell’era del Web, l’esperienza della realtà ristabilendo le sue condizioni, soprattutto se pensiamo alla crisi delle principali agenzie educative, tuttavia dovremmo tenere presente che nei Paesi in cui abbiamo avuto politiche tese a favorire la lettura, come ad esempio Svezia e Portogallo, i risultati sono stati incoraggianti.
È facile prendersela con gli adolescenti che non leggono. Ma osservando il nostro teatrino politico, per come si svolge nei consessi più istituzionali, misuriamo tutte le conseguenze di ciò che non abbiamo seminato. Quali sarebbero gli adulti in grado di consegnare il testimone alle giovani generazioni incarnando davvero le parole che vengono pronunciate? Dove dovremmo cercare i modelli di riferimento, le guide capaci di indicare ai giovani i percorsi da seguire e i libri da leggere? Ci sarebbe bisogno di un nuovo Piano Marshall per l’istruzione pubblica e privata. Lo dicono tutti coloro che raggiungono il timone direzionale. Ma ogni volta ci ritroviamo dispersi nelle secche del populismo più velleitario. Nessuna azione davvero strutturale per formare la classe dei docenti lasciati quasi sempre da soli a tappare i buchi aperti altrove. Salvo lamentarci quando i dati Ocse mettono i nostri figli dietro la lavagna.
© Riproduzione riservata