L'intervista
Giovanni Toti: “Sala? Fossi in lui mi incatenerei a Montecitorio. Magistratura e politica bloccano l’Italia, il Salva Milano ne è l’esempio”

«Il problema non è la magistratura, ma la politica che non sa intercettare nell’interesse privato l’interesse nazionale. E quindi promuovere il primo per un fine ultimo di livello superiore». Giovanni Toti, ex presidente della Regione Liguria e giornalista, è cauto di fronte alle indagini in corso, che hanno portato all’arresto di Giovanni Oggioni, ex direttore Edilizia al Comune di Milano (in quota Pd), e che di fatto hanno bloccato il ddl Salva Milano. Tuttavia per lui la vicenda si inquadra nella trama già vista delle «attività imprenditoriali che in Italia appaiono sempre maleodoranti. E ci si sbaglia, ovviamente».
Ancora una volta Milano. C’è un sistema, quindi?
«Direi più che c’è un sistema che non va a Milano. Abbiamo la locomotiva d’Italia con circa due miliardi di euro di lavori bloccati per un’interpretazione giuridica che non sta a me dire se sia corretta o meno. È uno stop all’economia che il paese non può permettersi».
Però il blocco non è solo della magistratura.
«È questo il problema. Il provvedimento era stato già approvato da una delle Camere. Adesso l’altra cambia rotta. Per che cosa? Se c’è qualcuno che ha sbagliato, la magistratura indagherà e solo allora si potranno fare delle scelte».
Il sindaco Sala è stato debole?
«Io non ho capito perché Sala abbia deciso di ritirare il suo appoggio al disegno di legge. Io, fossi in lui, mi incatenerei a Montecitorio perché qualcuno si assuma la responsabilità di quello che sta succedendo. Questo nodo gordiano va sciolto per il bene dell’economia nazionale».
Perché in Italia le semplificazioni non piacciono?
«Perché la politica non sa andare avanti decisa e convinta sulla propria strada. Di fronte alla magistratura che blocca ancora una volta gli interessi nazionali, tutto l’arco costituzionale avrebbe dovuto reagire. L’ha fatto? No!».
Del resto, quando un politico si muove, tra intercettazioni e quant’altro, c’è sempre il rischio che faccia qualcosa di illecito.
«È assurdo! Un rappresentante delle istituzioni con chi dovrebbe parlare se non con i tecnici per informarsi delle norme e delle leggi? Con uno sciamano? Se devo legiferare sulla pesca, verosimilmente chiamerò le associazioni dei pescatori per conoscere le loro necessità. Quando si parla di questioni economiche è ovvio avere un confronto con gli operatori del settore. Per informarsi. Per andare nella giusta direzione. Altrimenti vige il postulato assoluto per cui chi fa impresa in questo paese la fa in modo truffaldino».
Quindi a monte c’è un pregiudizio ideologico?
«Viviamo in un paese in cui si crede che l’interesse privato sia in contraddizione con quello pubblico. Ci si ostina a non capire che, dietro quei 2 miliardi di euro di cantieri bloccati a Milano, ci siano imprese che rischiano di fallire, posti di lavoro a rischio, consumi mancati. È un’occasione di crescita persa per la città. E quindi per il paese. Francamente è insopportabile».
E infatti, oltre a Milano, cosa rischia il resto del paese?
«Intanto 2 miliardi di euro bloccati non sono poca cosa. O c’è un conclamato interesse criminale tra imprenditori e architetti, ma ne dubito, oppure il pregiudizio complessivo impedisce la crescita economica nazionale. Stiamo davvero pensando che dietro a un singolo funzionario ci sia una rete così complessa di criminalità? Ma cos’è, la Spectre?».
Ma se anche questo caso si dimostrasse una bolla?
«Più che una bolla è una tragedia. Milano è bloccata da anni. E stiamo parlando della capitale economica del paese! Abbiamo a che fare con forze produttive che hanno assunto lavoratori e acceso mutui. È un danno di credibilità al sistema-paese. Qual è il fondo immobiliare che, domani, pensa di investire in Italia e che, invece, si ritrova a dover affrontare un territorio così confuso?».
D’altra parte, se oggi il centrodestra intervenisse contro la magistratura, avremmo un nuovo caso di scontro istituzionale.
«Non è una questione di maggioranza o di opposizione. Di fronte a un sindaco e alla sua Giunta, prima favorevoli e poi che si ritirano dal sostegno al disegno di legge, servirebbe un’azione corale di responsabilità da dimostrare a tutti i cittadini. Per questo non capisco l’atteggiamento di Sala. Fossi in lui, presserei proprio per l’approvazione del Salva Milano al Senato, nel più breve tempo possibile. Se poi il centrodestra vuole essere alto e nobile, certamente una sua reazione andrebbe a beneficio di tutto il paese».
Una provocazione finale: il caso del Ponte Morandi è andato in un altro modo. Cioè bene. Perché?
«Il Ponte Morandi ha avuto intorno un carico emotivo tale che ci ha consentiti di lavorare con una certa libertà. C’è stata anche la fortunata coincidenza di avere una serie di amministratori che hanno lavorato bene, insieme, in tempi rapidi e condividendo gli obiettivi».
Però non è possibile fare le cose per bene solo dopo una tragedia!
«Certo che no! Tant’è che vero che io, ben prima del Ponte Morandi, ho cambiato la legge urbanistica che ha semplificato tutto il piano-casa della Regione. La nostra amministrazione ha da sempre sostenuto che gli interessi particolari delle imprese sono condivisi a livello pubblico. È una cosa che non è stata colta con favore da una certa politica moralista. Non soltanto a sinistra. Anche a destra. Questo va detto».
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