Alla CNN
Gli specialisti di recitazione e il metodo Stanislavskij: così Kamala Harris ha battuto Trump. Da “ghost” di Biden ad angelo salvatore
Chi sia Trump, lo sappiamo tutti. Ma chi è Kamala Harris? Questa domanda era fino a ieri collettiva e la scarsezza di una chiara definizione di questa candidata ne ha fatto scivolare il gradimento nei sondaggi. Oggi, dopo lo scontro fra i due candidati negli studi di ABC News in Pennsylvania, gli americani hanno le idee più chiare. Il duello tra i due contendenti è avvenuto proprio quando, sondaggi alla mano, anche gli americani pronti a votare la Harris pur di bloccare Trump hanno cominciato a dare segni di panico per il modo superficiale con cui l’attuale vicepresidente ha affrontato nei numerosi rally della tournée elettorale sia i problemi che le soluzioni.
Kamala era un ghost
Gli elettori democratici da soli non basteranno per farla vincere: la Harris ha bisogno di agganciare anche i repubblicani ribelli a Trump che, pur essendo conservatori come l’ex vicepresidente Dick Cheney e Nikky Haley, non rivogliono il tycoon a White House. Curiosità sulla personalità di Trump non esisteva prima né dopo il dibattito. Chi sia lo sanno tutti, americani e no, sia la quasi metà che lo odia come l’altra quasi metà che lo ama (o comunque lo preferisce). Fino a ieri, quella che potrebbe diventare la prima donna presidente degli Stati Uniti, era un “ghost”, un fantasma quasi sconosciuto. Si è allenata come un attore e ha voluto che nel salone degli eventi del suo albergo si replicasse lo studio dove poi lo scontro è avvenuto davvero, e c’era anche un attore che impersonava Donald Trump con tutte le sue intemperanze. Ieri i social replicavano tutte le clip in cui l’ex Presidente attacca, morde, offende, come quello in cui, durante il dibattito con Joe Biden, gli chiude la bocca sibilandogli “shut up, man!” (una espressione, intraducibile, in italiano per dire “stai zitto” con disprezzo).
Kamala si è preparata passando giorni e notti su un palcoscenico a far finta di combattere. Ma lei era già esperta nell’oratoria pubblica, provenendo dalla magistratura ed essendo stata procuratore generale della California. Ha studiato molto e, secondo il suo entourage, prima dell’incontro ha imparato la tecnica da opporre a Trump, di cui si sa sia il peggio che il meglio, secondo i criteri soggettivi di chi lo ama e di chi lo odia. Ieri sera era lei l’oggetto della curiosità un po’ irritata dell’elettorato che, dopo aver tirato un sospiro di sollievo per il ritiro di Biden, ha cominciato ad innervosirsi ascoltando i discorsi pubblici della Harris pieni di frasi fatte e schemi logici ambigui. Uno per tutti: non aveva mai preso posizione sulle energie rinnovabili, facendo andare in bestia gli ecologisti.
Il training di Kamala
Per quattro anni è stata un ghost, un fantasma, dietro Joe Biden, trasformata di colpo in angelo salvatore di tutti coloro che si vogliono liberare per sempre del candidato repubblicano che ogni giorno manifesta propositi inquietanti. Kamala si è esercitata in uno finto studio che riproducesse quello di Abc news in cui è avvenuto il vero dibattito. Si è ristrutturata mentalmente e nei gesti, si è allenata con specialisti di recitazione e di comunicazione, ha imparato a commuoversi e indignarsi usando anche un trainer di attori specializzato nel metodo Stanislavskij (che consiste nel far diventare parte della propria anima ciò che è scritto sul copione sugli appunti). Dall’altra parte, fino a ieri sera Donald Trump è descritto in uno stato di perenne irrequietezza, e fino all’ultimo incerto se abbandonare il dibattito sostenendo più volte che si trattava di una trappola. I minuti, i microfoni, le pause, tutto è stato da lui esaminato e controllato con cura maniacale. Ed è salito sul ring. Televisioni e siti ritrasmettono in continuazione i passi roventi dei passati dibattiti in cui Trump vinse sia contro l’altra sfidante donna, Hillary Clinton, già segretaria di Stato di Barack Obama the first Lady del presidente Bill Clinton, la quale, benché agguerritissima, dovette soccombere di fronte alle maniere ai limiti dell’insulto del candidato Trump.
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