A Roma, in questo luglio freschissimo, mi aggiro tra miraggi, leoni e giraffe oltre agli immancabili gabbiani che ambiscono a governare la città. Prima o poi ci riusciranno. Una parola risuona nella mia mente mentre a 40 gradi all’ombra in una città deserta cerco di raggiungere casa: acqua! È in quel momento che ho una genialissima illuminazione: questa settimana affronterò il tema del cambiamento climatico.

“Questo è il momento dell’uomo sulla luna dell’Europa” ha dichiarato nel dicembre 2019 Ursula Von Der Leyen lanciando il Green Deal europeo. “Il nostro obiettivo è riconciliare l’economia con il nostro pianeta” e “farlo funzionare per i nostri cittadini”, descrivendo la politica climatica come la nuova strategia di crescita dell’Europa. Improvvisamente mi sento meglio, già vedo scampato il pericolo di una invasione di leoni. Il cambiamento climatico e il degrado ambientale sono tra le principali minacce alla vita e all’esistenza dell’umanità. Il Green Deal europeo cerca di trasformare l’UE in un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva. Ciò richiede investimenti significativi sia da parte dell’UE e del settore pubblico nazionale, sia da parte del settore privato che ammonterebbero ad almeno 1.000 miliardi di euro. – Allora siamo salvi! – penso tra me e me.

Vale la pena, dunque, addentrarsi negli obiettivi del piano:
– nessuna emissione netta di gas serra entro il 2050.
– crescita economica disaccoppiata dall’uso delle risorse.
– nessuna persona e nessun luogo lasciato indietro.

Il piano delinea gli investimenti necessari e gli strumenti di finanziamento disponibili. Spiega come garantire una transizione giusta e inclusiva.
Il raggiungimento dell’obiettivo [della neutralità climatica nel 2050] richiederà l’azione di tutti i settori della nostra economia, tra cui:
-Investire in tecnologie rispettose dell’ambiente.
-Sostenere l’industria nell’innovazione.
-incoraggiare forme di trasporto pubblico e privato più pulite, più economiche e più salutari.
-Decarbonizzazione del settore energetico.
-Assicurare una maggiore efficienza energetica degli edifici.
-Collaborare con i partner internazionali per migliorare gli standard ambientali globali.

L’UE fornirà inoltre sostegno finanziario e assistenza tecnica per aiutare i soggetti più colpiti dalla transizione verso l’economia verde.

La grande sfida che l’umanità, e in questo caso l’Europa, sta affrontando è quella di sviluppare un modello che integri crescita e sostenibilità. Nel recente passato il dibattito, soprattutto tra gli economisti, si è concentrato sulla questione della crescita. La domanda fondamentale attorno alla quale è ruotato il dibattito accademico e politico è: possiamo continuare a crescere senza limiti su un pianeta con risorse finite?

Alcuni hanno teorizzato la possibilità di una decrescita felice, mentre altri hanno sottolineato che la crescita a tutti i livelli è necessaria per il benessere umano. Conciliare le esigenze della crescita con la sostenibilità non è una sfida facile. Il nostro pianeta e noi, tuttavia, sembriamo chiederlo a gran voce, non solo per la sopravvivenza del pianeta ma anche per la nostra. È qui che entra in gioco il tema del earthbound: l’intima connessione dell’essere umano con il pianeta Terra.

Il legame inscindibile tra la vita umana e il pianeta terra è oggi sempre più evidente, l’altro, reso ancora più chiaro dalla pandemia, è quello tra gli esseri umani: nessuno sopravvive se non sopravviviamo tutti. Analogamente al concetto di Ubuntu dell’Africa subsahariana: io posso essere solo se lo siamo tutti. Siamo una grande famiglia globale che viaggia nello spazio sulla navicella Terra.

La consapevolezza di questi due legami orizzontali e la necessità di sviluppare una evoluzione/crescita planetaria verticale è forse lo stretto corridoio in cui il Green Deal europeo potrebbe muoversi tra crescita e sostenibilità. Se dovesse abbandonare una di queste due dimensioni, orizzontale e verticale, lo scopo per cui è stato proposto, essere un esempio virtuoso per iniziare a risolvere il problema del cambiamento climatico, potrebbe essere vanificato.

La crescita/evoluzione da sola ci manterrebbe nel modello economico standard, lo stesso che ci ha portato al punto di svolta di oggi. La sola sostenibilità rischia di ripudiare la crescita a favore di un’assolutizzazione collettivista del bene del pianeta, che sicuramente farebbe leva sulla necessaria decrescita felice o infelice. La via intermedia che si può percorrere è probabilmente quella proposta dall’enciclica Laudato Sì di Papa Francesco.

La crescita, e quindi anche la decrescita, è necessario che sia a chiazze. Alcune zone del pianeta, soprattutto le più povere, hanno bisogno di una forte crescita economica, mentre altre, invece, che vivono nel lusso smodato, possono limitare la crescita sfrenata. Forse il sentiero stretto su cui il Green Deal europeo e altri piani futuri in altre parti del mondo devono cercare di muoversi è quello della generatività. Questa non è né solo crescita né solo sostenibilità. La generatività, a livello filosofico, prende atto della situazione attuale in modo che, attraverso un processo di consapevolezza, tale situazione possa diventare un impulso trasformativo che genera vita. Essa vive di legami ma è anche una spinta verso l’evoluzione, riguarda anche l’essere umano per il suo sviluppo integrale; la generatività è la base di un’ecologia integrale che unisce l’essere umano e il pianeta in un “noi siamo” in evoluzione.

Il rischio per il Green Deal è quello di rimanere bloccato in una visione duale, che vede il pianeta separato dall’essere umano, in cui la crescita economica è ancora intesa come sconnessa da una crescita ecologica integrale e quindi dall’umanità in tutte le sue dimensioni (fisica, psicologica e spirituale). In tal modo il modello economico è interpretato come un modello di solo profitto che deve prevalere sulla generatività. Se si perdesse la bussola di una visione generativa non duale del progetto, questo non farebbe fare all’Europa il salto di qualità. L’Europa non diventerebbe l’esempio di avanguardia di cui il mondo ha bisogno. Appare quindi necessario perseguire non solo una visione ecologica, ma una visione di ampio respiro che dia speranza a livello fisico, psicologico e spirituale, con la bussola di uno shift di consapevolezza verso una responsabilità planetaria. Se il Green Deal europeo riuscirà a intraprendere e proseguire su questa strada, potrà certamente rivelarsi un progetto rivoluzionario. In tal senso le decisioni di oggi saranno il punto di svolta per un futuro di speranza; se così non fosse dovrò soccombere al governo, non solo dei gabbiani, ma anche a quello dei leoni.

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Professore universitario, romano, classe 1984. È laureato in Giurisprudenza ed è dottore di ricerca in filosofia del diritto, politica e morale. Ha lavorato per l’UE e per lo European Patent Office. Attualmente svolge attività di consulenza come Policy Officer per le policies europee. Appassionato di filosofia, cerca, nei suoi scritti, di ridare un respiro esistenziale alla quotidianità e alle sfide politiche