Alcuni magistrati si sentono a “disagio” e cercano la via d’uscita, una sorta di exit-strategy, nell’incarico fuori ruolo. Sono troppe le sentenze da scrivere, meglio dedicarsi ad altro.
Lo ha fatto capire fra le righe Margherita Cassano, primo presidente della Corte di cassazione, intervenendo ieri al Consiglio superiore della magistratura a proposito della nomina del consigliere della Corte d’appello di Napoli Sergio Gallo a direttore Antifrode dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

Gallo è stato scelto per questo incarico lo scorso aprile dal ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti. Trattandosi di un incarico ‘extragiudiziario’, il Mef aveva quindi chiesto al Csm la messa a disposizione del magistrato.

Cassano ha sottolineato allora la necessità di una “riflessione di carattere generale” sugli incarichi fuori ruolo, effettuando così una “ricognizione” degli stessi. In altri termini, è proprio indispensabile togliere dalle attività giurisdizionali dei magistrati per destinarli a compiti di tipo amministrativo?

Le norme attualmente in vigore fissano in duecento il numero dei magistrati che possono essere ‘sottratti’ alle aule dei tribunali per essere collocati fuori ruolo, attività che può essere svolta per un massimo di dieci anni, anche non continuativi.

Considerata, però, l’endemica carenza di magistrati, circa millecinquecento in meno rispetto alla pianta organica, e la spada di Damocle del Pnrr riguardo gli obiettivi concordati con l’Europa sulla riduzione dei tempi dei processi, il tema dei fuori ruolo è quanto mai attuale. “Manca la materia prima, i giudici, soprattutto nelle Corti d’appello, ufficio dove presta servizio Gallo”, ha aggiunto infatti Cassano, ricordando che sono in corso quattro concorsi per magistrati e che ci vorranno anni prima che i vincitori degli stessi potranno entrare in servizio.

In questo momento sono circa centosettanta i magistrati lontani dalle aule d’udienza. La maggior parte di essi è in servizio presso il Ministero della giustizia, ma diversi sono destinati ad incarichi quanto mai ‘varigati’, come quello di Gallo.

Il capo dell’Antifrode dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, in tale ottica, deve essere per forza un magistrato o può essere, ad esempio, un ufficiale della guardia di finanza?

Leggendo i suoi compiti qualche dubbio c’è. Il capo dell’Antifrode, infatti, si occupa di “strategie e di metodologie di controllo nel settore dogane, IVA negli scambi internazionali, accise, giochi e tabacchi, individuando le tecnologie da utilizzare per le attività di analisi, di prevenzione e controllo”. Inoltre, il capo dell’Antifrode “monitora e analizza, mediante la creazione e la gestione di banche dati, i flussi commerciali e le altre informazioni in possesso dell’Agenzia, allo scopo di elaborare profili di rischio per orientare e rendere più efficace l’attività di controllo. Svolge attività di intelligence sui flussi commerciali a rischio, anche attraverso la gestione di una apposita Sala Analisi”.

Per il togato indipendente Andrea Mirenda il problema delle scoperture determinato dai fuori ruolo si risolverebbe con incarichi “temporanei” di supporto alle varie amministrazioni. Il magistrato potrebbe dare il proprio contributo professionale senza essere distolto per anni dalla sua attività giurisdizionale, quella per cui è stato assunto. “E’ un tema di riflessione di questa consiliatura, non possiamo accettare lo status quo sui fuori ruolo”, ha sottolineato il laico Michele Papa (M5S).
L’importante, comunque, il fuori ruolo non sia uno stratagemma per non scrivere le sentenze. Una ciambella di salvataggio per il magistrato che vive la professione come un “disagio”.
Nel frattempo Gallo è stato autorizzato ieri nell’incarico.