In Italia ci sono attualmente decine di uffici giudiziari senza un capo ed in molti casi la ‘vacanza’ è addirittura di anni. Non si tratta, poi, di uffici periferici ma delle più importanti Procure del Paese, ad iniziare da quella di Napoli, la Procura per numero di pm più grande d’Europa. È questa l’eredità lasciata dalla scorsa consiliatura del Csm che ha trascorso mesi a discutere delle chat dell’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati Luca Palamara.

Il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, nella sua ultima visita istituzionale al Palazzo di giustizia di Lecce, si è dichiarato, ancora una volta, “orgoglioso del cambio di passo che stiamo registrando nel tasso di definizione delle pratiche, superiore del 30 per cento rispetto al recente passato”. “Un risultato – ha aggiunto – che ci è stato riconosciuto anche dal presidente della Repubblica”.

Di tale risultato non si può non essere contenti anche perché, seppur a metà, Pinelli è riuscito ad abolire la “settimana bianca” concessa da decenni ai consiglieri del Csm per ‘curare il territorio’ come se fossero politici eletti al Parlamento.

Tuttavia, non pare che all’aumento della ‘quantità’, che non è in discussione, sia seguita di pari passo un aumento della ‘qualità’ delle decisioni, dal momento che per la Procura di Napoli, ma anche per quella di Torino o per il Tribunale di Milano, tanto per fare qualche esempio, la nomina del dirigente non è ancora all’ordine del giorno, pur essendo tali sedi scoperte da anni.

Le nomine, va ricordato, continuano ad essere caratterizzate dal vecchio vizio del correntismo. La recente pratica di collocamento fuori ruolo del presidente della Corte di Appello di Potenza Patrizia Sinisi destinata ad un ufficio dirigenziale del Ministero della giustizia, coinvolta nelle chat di Palamara, è infatti passata soltanto grazie alla immotivata astensione dei quattro consiglieri di Unicost corrente alla quale appartiene la Sinisi. La pratica per la nomina del procuratore della Repubblica di Firenze, che dovrebbe andare in Plenum il mese prossimo, ha registrato una divisione tra le correnti a seconda del candidato preferendo la sinistra giudiziaria il correntizzato storico di Magistratura democratica Ettore Squillace Greco, procuratore di Livorno, mentre la corrente moderata di Magistratura indipendente ha preferito il “proprio” candidato Filippo Spiezia, ex toga di Eurojust, che in quinta commissione ha ottenuto tre voti.

Ha suscitato inoltre perplessità la decisione adottata dal Plenum il 3 maggio scorso di costituirsi nel giudizio di ottemperanza davanti al Consiglio di Stato per difendere la nomina del procuratore aggiunto di Roma Stefano Pesci. Il Tar Lazio prima e il Consiglio di Stato poi avevano infatti affermato che nel partecipare alla procedura di nomina Pesci, sottacendo la situazione di incompatibilità derivante dal rapporto di coniugio con l’altro procuratore aggiunto di Roma Nunzia D’Elia, avrebbe commesso un illecito disciplinare e forse anche penale.

Pinelli dovrebbe porsi allora il problema non tanto dell’aumento della produttività quanto di quello della opportunità delle delibere adottate poiché non può di certo ritenersi conforme alle norme di legge la decisione di costituirsi in giudizio per difendere una condotta doppiamente illecita avendo il Csm, al contrario, il compito di perseguire le condotte illegali poste in essere dai magistrati e non certo tutelarle e difenderle anche nelle sedi giurisdizionali. Ma è noto che Pesci così come la moglie Nunzia D’Elia vantino una lunga militanza nelle file di Magistratura democratica che da sempre esercita un forte condizionamento sull’attività dell’associazionismo giudiziario, non disdegnando invasioni di campo, come criticare le decisioni del governo, vedasi quella di avviare un’azione disciplinare nei confronti dei magistrati di Milano che avevano messo ai domiciliari Artem Uss.
C’è da auspicarsi, quindi, che all’aumento di produttività tanto decantato Pinelli faccia conseguire anche un recupero di credibilità del Csm finalmente libero da condizionamenti correntizi.