La “dottrina” del procuratore aggiunto di Milano Fabio De Pasquale deve essere particolarmente apprezzata dal Consiglio superiore della magistratura. In questi giorni i giornali hanno dato grande risalto alla notizia che De Pasquale, storico pm milanese, noto per aver indagato fra gli altri il regista Giorgio Strehler, poi assolto con formula piena, o l’allora presidente dell’Eni Gabriele Cagliari, poi suicidatosi a San Vittore mentre aspettava un suo provvedimento di scarcerazione, ha avuto il parere positivo alla conferma delle funzioni.

Per il Consiglio giudiziario, l’organo competente alla redazione dei pareri di professionalità che dovranno poi essere ratificati dal Csm, De Pasquale, nonostante abbia “occultato” delle prove a favore dei suoi imputati, per i quali aveva chiesto anche la prigione, non avrebbe compromesso i requisiti di imparzialità ed equilibro. Si sarebbe trattato di un caso ‘isolato’ nella sua prestigiosa carriera.

Vale allora la pena rileggere la testimonianza del pm Paolo Storari, interrogato dal procuratore della Repubblica di Brescia Francesco Prete il 28 maggio 2021, in relazione alla “fuga dei verbali” resi dal noto avvocato e lobbista siciliano Piero Amara sulla cd Loggia Ungheria.
Storari, che aveva consegnato questi verbali a Piercamillo Davigo, allora componente del Csm, affinché si attivasse contro l’inerzia delle indagini sulla loggia Ungheria, aveva rappresentato con dovizia di particolari che i vertici della Procura di Milano- i quali intendevano utilizzare Amara nel processo Eni/Nigeria per ottenere la condanna degli imputati, e tra questi anzitutto del numero uno del colosso petrolifero Claudio Descalzi- non avevano convenienza ad approfondire la vicenda della Loggia Ungheria perché l’ attendibilità dell’avvocato siciliano come teste poteva esserne inficiata.

Per chiarire ciò che accadeva, Storari disse testualmente a Prete: “Mi ricordo benissimo quello che De Pasquale mi ha detto … quello me lo ricordo … di tenere nel cassetto due anni questo fascicolo”. Si può dire oggi che la “dottrina De Pasquale”, che è poi la stessa di larga parte della magistratura italiana, il Csm l’abbia applicata allo stesso De Pasquale a proposito della pratica di incompatibilità aperta nei suoi confronti e del collega Sergio Spadaro. A carico dei due magistrati che hanno sostenuto l’accusa nel processo Eni/Nigeria, conclusosi poi con una assoluzione piena per tutti gli indagati, nel lontano settembre 2021 il Csm aveva infatti aperto una pratica per verificare se potessero continuare a prestare servizio, dopo l’enorme clamore mediatico che aveva accompagnato la vicenda, alla Procura di Milano. Pratica che era stata aperta anche a Storari per par condicio.

A oggi, però, tale pratica non risulta essere ancora definita, pur avendo questo Csm aumentato la produttività, rispetto al precedente, di oltre il 350 percento, ricevendo perfino i complimenti del presidente della Repubblica. Questo abnorme aumento della produttiva non ha quindi inficiato, a quanto pare, la ‘dottrina De Pasquale’ che resiste anche all’efficienza veneta del vicepresidente Fabio Pinelli.

Non si può certo pensare che il procedimento per incompatibilità possa dipendere dal processo penale pendente a Brescia a carico di De Pasquale e Spadaro per omissione in atti di ufficio poiché la “pregiudiziale penale” vale per il procedimento disciplinare ma non per quello di incompatibilità ambientale o funzionale e ciò è dimostrato anche dal fatto che la pratica giace ferma anche nei confronti di Storari che ha definito la propria posizione penale a Brescia con una sentenza ormai passata in giudicato da alcuni mesi.

Sono numerosi casi nei quali il Csm ha proceduto con la pratica di incompatibilità ambientale o funzionale nonostante la pendenza, per gli stessi fatti, di procedimenti disciplinari o penali. Ad esempio, Paolo Barlucchi, Vincenzo Luberto, Pietro Scuteri, Giuseppe Perri, Cesare Sirignano o Stefano Fava, tutti magistrati sottoposti in contemporanea a procedimenti penali, disciplinari e procedure di incompatibilità per gli stessi fatti, senza che tuttavia le procedure di trasferimento siano state sospese dal Csm come invece sta avvenendo per De Pasquale e Spadaro.

C’è da augurarsi, allora, che l’efficienza veneta di Pinelli prevalga anche sulla “dottrina De Pasquale” e che finalmente la pratica, che ha registrato anche attività istruttoria fatta in trasferta a Milano dal Csm a gennaio 2022, con costi rilevanti per la collettività, venga definita al più presto.

Ieri, comunque, il Csm si è “riscattato”, decidendo di non confermare nell’incarico di presidente della sezione lavoro della Corte d’appello di Catanzaro Emilio Sirianni, il magistrato che dava “consigli” al sindaco di Riace Mimmo Lucano su come risolvere i propri problemi giudiziari.

Sirianni in passato era stato invece assolto dal Csm per aver dato questi consigli a Lucano quando era sottoposto a indagini per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e altri reati in relazione all’accoglienza dei migranti nel comune calabrese.

Il magistrato, esponente di punta di Magistratura democratica, aveva redatto anche atti in favore di Lucano, fornendogli suggerimenti in ordine al tenore delle dichiarazioni da rendere in Procura.

Come se non bastasse, Sirianni aveva svilito la professionalità dei magistrati che stavano svolgendo le indagini, redigendo comunicati di solidarietà a Lucano da inoltrare alle mailing list dell’Associazione nazionale magistrati ed offrendosi per contattare dei giornalisti affinché dessero risalto alla asserita innocenza di Lucano, paladino dell’accoglienza, poi condannato dal tribunale di Locri a 13 anni di carcere.

“Gratteri (Nicola, procuratore di Catanzaro, ndr) è un fascista di merda”, i carabinieri dei “cretini”, i colleghi che stanno conducendo le indagini degli “sbirri”, sono alcune delle frasi che Sirianni utilizzava mentre parlava con Lucano e che il Csm ha ritenuto, per fortuna, incompatibili con il ruolo di presidente di sezione.

La vicenda di Sirianni era finita nei libri Lobby e Logge di Alessandro Sallusti e Luca Palamara e Il Mostro di Matteo Renzi. “Sirianni è esponente di Magistratura democratica, la corrente interna dei togati che ha chiesto di “stringere un cordone sanitario” attorno alla mia persona”, scrisse Renzi.

Paolo Pandolfini

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