I pm si nascosero fra loro i filmati realizzati all’interno dell’ufficio dell’imprenditore Enzo Bigotti. Ad essere tenuti all’oscuro di questi video, dove l’avvocato Piero Amara, l’ex manager Vincenzo Armanna ed alcuni faccendieri pianificavano un piano ricattatorio nei confronti dell’Eni, non furono quindi solo le difese degli imputati, poi tutti assolti, del processo Eni-Nigeria. Questa la cronistoria dei fatti che il Riformista ha ricostruito in esclusiva.

Il primo video, quello del 28 luglio 2014, viene trasmesso per competenza il 13 luglio 2015 dai pm di Torino a quelli di Roma, in allegato al fascicolo 3076/15 Mod. 45. I pm torinesi, che stavano indagando su alcuni appalti ferroviari in Piemonte, specificano che la registrazione era stata “estrapolata da un computer in sequestro” negli uffici romani di Bigotti. Arrivato a Roma, il fascicolo assume il numero 15977/15 e viene assegnato al pm Stefano Pesci. Di questo fascicolo si perdono subito le tracce. Agli inizi di aprile del 2017, la Procura di Torino trasmette un ulteriore fascicolo contenente sia il video del 28 luglio 2014 e sia un ulteriore video del 18 dicembre 2014. A piazzale Clodio viene allora iscritto il procedimento 4637/17 K, assegnato dal procuratore Giuseppe Pignatone al suo vice Paolo Ielo con l’obbligo del “conferire”.

Nel video del 18 dicembre 2014, Amara e Bigotti parlano fra l’altro di un “professore di diritto tributario di Palermo” (che poi si scoprirà essere il fratello di Pignatone, ndr) che lavora moltissimo con loro, che sta male e che fornisce loro notizie di indagini penali che sta svolgendo la Procura di Roma. Ielo, il 22 aprile successivo, incarica la guardia di finanza di Roma di fare accertamenti sul fascicolo 4636/17 FNCR (Mod. 45) «pervenuto, per competenza, dalla Procura della Repubblica di Torino». E l’11 maggio 2017 trasmette a Milano l’informativa della gdf, relativa però soltanto al primo video. Arrivato a Milano, il video non sarà depositato dal pm Fabio De Pasquale alle difese dei manager Eni. «Risulta incomprensibile – scriveranno poi i giudici nella sentenza che ha assolto tutti gli imputati- la scelta del pubblico ministero di non depositare il video con il rischio di eliminare dal processo un dato di estrema rilevanza».

Sul secondo video, quello del 18 dicembre 2014, il 23 gennaio 2018 il colonnello Gerardo Mastrodomenico e il maggiore Fabio Di Bella (gli ufficiali del Gico che condurranno le indagini nei confronti di Luca Palamara, ndr), depositano una informatica nel procedimento 44630/16 (pur avendo ricevuto una delega nel procedimento n. 4636/2017 K). Nell’informativa è presente la trascrizione del colloquio fra Amara e Bigotti ma sono “omissati” proprio i cinque minuti in cui si parla del fratello di Pignatone, esattamente dal minuto 13:58:23 al minuto 14:03:14.
La trascrizione di questi cinque minuti compare in una trascrizione anonima di tre pagine con intestazione “Guardia di Finanza – Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Roma – Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata – Seconda Sezione C.O. – Via dell’Olmata n. 45 Roma” nella quale non si rinviene la firma del maresciallo che l’ha redatta, il luogo e la data della redazione.

Nella trascrizione vengono inoltre citati due procedimenti penali, il 3038/2017 mod. 45 e il 7776/2014 che sono procedimenti della Procura di Torino e non della Procura di Roma, laddove i pm torinesi avevano delegato i carabinieri del luogo e non il Gico di Roma per gli accertamenti. Questa trascrizione “anonima” viene quindi allegata da Ielo ad una sua relazione del 29 luglio 2019, dopo la perquisizione disposta dalla Procura di Perugia nei confronti di Palamara e dopo la pubblicazione delle notizie di stampa relative all’esposto al Consiglio superiore della magistratura dell’ex pm Stefano Fava sugli incarichi ricevuti dal fratello di Pignatone. Tale trascrizione sarà rinvenuta dalle difese nel procedimento di Perugia dove Palamara e Fava sono imputati per le rivelazioni del segreto d’ufficio per due articoli del 29 maggio 2019 apparsi sul Fatto Quotidiano e sulla Verità e relativi proprio a questi incarichi.

La vicenda ha poi un seguito alla Procura di Brescia che sta indagando diversi pm milanesi, fra cui De Pasquale.
Interrogato il 27 luglio scorso dai colleghi bresciani, l’ex procuratore di Milano Francesco Greco, a proposito del video del 18 dicembre 2014, così rispose: «Aspetti … non ho finito … io ho scoperto un fatto che noi non conoscevamo e cioè che Storari (Paolo, pm di Milano che voleva indagare sulle rivelazioni di Amara sulla Loggia Ungheria, ndr) aveva acquisito un secondo video di Bigotti oltre a quello di cui si è tanto parlato… Questo secondo video Bigotti manco la guardia di finanza l’aveva esaminato tanto che arrivati ad un certo punto ne hanno parlato i giornali che era stato depositato da qualche parte … allora io ho detto alla Pedio (Laura, vice di Greco, ndr): “Scusa ma … “. La Pedio chiama Paolo Ielo e le/o dice: “Sì l’ha chiesto Storari a settembre o ottobre” … nessuno ne sapeva niente … È arrivato ..». Pertanto, a quanto riferisce Greco, il secondo video sarebbe stato richiesto da Storari a Ielo a settembre, ottobre, forse dell’anno 2020, «dopo che ne hanno parlato i giornali».