La sconfitta non esiste...
Fatto Quotidiano come i soldati giapponesi, Travaglio pubblica accuse ‘non dimostrate’ sulla Trattativa mai esistita

Come i soldati giapponesi che, finita la seconda guerra mondiale, rimasero nascosti sulle isole delle Filippine in attesa di ricevere ordini per sferrare l’offensiva contro l’esercito americano, al Fatto Quotidiano, nonostante la Cassazione abbia detto che la trattativa Stato-mafia non è mai esista, sono sempre pronti a raccogliere le testimonianze di qualcuno che affermi il contrario, e che Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri abbiano avuto un ruolo di ‘mandanti’ delle stragi di mafia del 1993-94.
Per proseguire tale narrazione, ovviamente, si ricorre come nelle migliori tradizioni alla classica fuga di notizie. Ieri, infatti, il quotidiano di Marco Travaglio ha tirato fuori dal cassetto una inedita informativa della Direzione nazionale antimafia (Dia) del 16 marzo del 2022. Nell’informativa, mai depositata alle difese di Berlusconi, si descrivono le attività d’indagine svolte sui telefoni dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, i boss di Brancaccio, arrestati nel 1994 e da allora in carcere al regime del 41 bis. I cellulari dei Graviano, in particolare, nel 1993 avrebbero agganciato diverse volte le stesse celle telefoniche di quelli in uso a Dell’Utri e Berlusconi. Tale coincidenza sarebbero la prova, dunque, dell’avvenuto incontro fra loro anche se Dell’Utri e Berlusconi hanno sempre smentito rapporti con i due boss.
Nell’informativa, poi, si evidenzia la circostanza che quando i Graviano ordivano il loro piano stragista, Berlusconi si preparava a scendere in campo. La nota, firmata dal primo dirigente della Polizia di Stato Francesco Nannucci, era stata trasmessa al procuratore facente funzione di Firenze Luca Turco e all’aggiunto Luca Tescaroli. Quest’ultimo è noto perché da giovane magistrato in servizio alla Procura di Caltanissetta negli anni ‘90 indagava sulle medesime vicende per poi giungere invariabilmente all’archiviazione.
Un canovaccio che si ripete dunque con gli stessi protagonisti e con le stesse vittime, cui non viene concesso neppure il diritto di essere imputate in un regolare processo per potere poi, seppur a distanza di qualche decennio, sostenere di essere innocenti. Di ciò sembrano essere in qualche misura consapevoli anche al Fatto Quotidiano in quanto, senza timore evidentemente di scadere nel ridicolo, alla fine del pezzo scrivono: “Accuse pesantissime che gli indagati smentiscono e che allo stato non sono dimostrate”.
Sicché ci si chiede come possa Nannucci, dal 2019 capo centro della Dia dopo essere stato per oltre 15 anni capo della Squadra mobile di Prato, mettere nero su bianco accuse simili sebbene “non dimostrate”, e quale interesse ad una corretta e veritiera informazione possano avere un giornalista e un quotidiano a pubblicare accuse da loro stessi ritenute “non dimostrate”, se non orientare politicamente il lettore contro l’avversario di turno. Sarebbe quindi il caso che la Procura di Firenze, in attesa che il Csm decida finalmente di nominare il nuovo procuratore, si dedicasse con lo stesso impegno e zelo a perseguire reati conclamati quale quello segnalato dalla giudice Sara Farini, anziché ingolfare la macchina della giustizia con indagini che tutti sanno che porteranno a nulla, se non all’ennesima archiviazione, come ci ha abituato Tescaroli da quasi un trentennio.
Si dà il caso, infatti, che in una recente audizione davanti alla Commissione giustizia del Senato, per la precisione il 2 febbraio scorso, Turco nulla aveva risposto alla senatrice Erika Stefani (Lega) che gli chiedeva conto dell’indagine sulla ormai famosa fuga di notizie del 29 maggio 2019 quando il Corriere, Repubblica e il Messaggero con articoli fotocopia avevano pubblicato le intercettazioni allora in corso a Perugia sull’indagine a carico dell’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati Luca Palamara, determinando le dimissioni di ben cinque consiglieri del Consiglio superiore della magistratura.
La giudice del tribunale di Firenze Farini, con un provvedimento del 27 gennaio 2021, quindi di oltre due anni fa, a proposito della divulgazione degli atti dell’indagine perugina del 29 maggio 2019, aveva testualmente affermato che “sussiste senza dubbio il fumus commissi delicti del reato in iscrizione, considerata la circostanza – non controversa alla luce della documentazione prodotta dal denunciante (Palamara, ndr) e dalla scansione temporale dei fatti riferita in querela – della pubblicazione su varie testate giornalistiche di notizie ancora coperte da segreto investigativo”.
“Appare dunque configurabile – aveva aggiunto la giudice – la fattispecie di cui all’art. 326 c.p. (rivelazione del segreto d’ufficio, ndr): vi è stata una condotta di illecita rivelazione di dette notizie da parte di un pubblico ufficiale, allo stato non identificato, che, avvalendosi illegittimamente di notizie non comunicabili in quanto coperte dal segreto investigativo, riferibili ad atti depositati presso la Procura della Repubblica di Perugia, le ha indebitamente propalate all’esterno”. E a proposito della condotta tenuta dalla Procura di Firenze nella per- sona di Turco, la medesima dottoressa Farini non aveva mancato di precisare che “ad oggi non risulta- no infatti compiuti atti di indagine volti quantomeno a circoscrivere la platea di soggetti che possono esse- re venuti in contatto con le notizie segrete indebitamente propalate all’esterno della Procura della Repubblica di Perugia”.
Tornando comunque alla fuga di notizie da parte del Fatto Quotidiano, l’avvocato romano Giorgio Perroni, difensore di Berlusconi a Firenze, ha depositato ieri una denuncia alla Procura di Firenze.
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