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I pareri non richiesti del Csm: correntismo annientato e atmosfera carica di suspense

Con delibera dell’8 gennaio 2025, il Consiglio Superiore della Magistratura ha espresso un parere – non richiesto preventivamente dal Ministro – sui punti chiave del disegno di legge costituzionale n. 1917 recante “Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare”: la separazione delle carriere mediante la creazione di due CSM, la riforma del sistema elettorale in seno a questi e l’istituzione di un’Alta corte disciplinare.
Quanto all’idea generale della separazione, il parere difende l’attuale assetto dell’organo di governo autonomo della magistratura, dapprima con un nostalgico richiamo al legislatore del tempo che fu: si parte dal lontano 1988, con la nascita di un nuovo codice di procedura penale ed un legislatore che non osò toccare il cambio di funzione, ma anzi lo incoraggiò ancorandolo non più ad eccezionali e gravi esigenze del magistrato, ma a semplice domanda dello stesso; si passa per gli anni ’90 e per il legislatore del giusto processo del 1999, che non ritenne di vietare il cambio di funzioni; e si prosegue sino ai giorni nostri con il primo smacco del legislatore del 2025. D’altra parte, si dice, statisticamente i passaggi di funzioni sono stati pochi negli anni.
La separazione delle carriere
Già qui ci si potrebbe domandare: perché continuare con finta ingenuità a identificare funzioni separate e carriere separate? Sappiamo tutti che la seconda soluzione implica effetti molto diversi e ben più radicali sulla cultura del giudice, assicurandone – finalmente – la terzietà imposta dall’art. 111 Cost. Con questo dubbio non sanato, il lettore, già faticosamente giunto a pagina 8, si trova dinanzi un’altra argomentazione: non è il CSM, ma il supremo giudice delle leggi a confermare una volta per tutte che la separazione delle carriere non è una “necessità”. Lo leggiamo – dicono – tra le righe della sentenza 24/2020 della Corte Costituzionale che ricorda la differenza strutturale (chi lo avrebbe detto?) che sussiste tra accusa e difesa, “l’una un organo pubblico che agisce nell’esercizio di un potere e a tutela di interessi collettivi; l’altra un soggetto privato che difende i propri diritti fondamentali”. In quest’ottica l’art. 111 Cost. ed il suo principio di parità tra le parti dinanzi ad un giudice terzo è già sufficientemente salvaguardato.
L’avviso al lettore
Confuso più che tranquillizzato, il lettore viene poi avvisato: trasmettere l’idea – a quanto pare sbagliata – che la separazione delle carriere sia necessaria espone al rischio di “veicolare l’idea per cui la magistratura giudicante presenta, oggi, deficit di terzietà e di imparzialità” (pensate un po’). Ebbene, se così fosse, non c’è da preoccuparsi: “In più del 40% dei casi le decisioni giudiziarie non confermano l’ipotesi formulata dalla pubblica accusa con l’esercizio dell’azione penale”, e questo smentirebbe l’idea di un condizionamento del giudice. Al lettore potrebbe sorgere però un altro dubbio: ma questo dato non ci dice qualcos’altro, e cioè che quasi un processo su due non doveva arrivare a dibattimento? E se è così, il tema della mancanza di terzietà non si misura forse nella fase delle indagini preliminari (97% di rinvii a giudizio), ove si assiste giornalmente al naufragio del controllo giurisdizionale?
Annientato il correntismo
Ma proseguiamo con la lettura delle argomentazioni sulle specifiche modifiche (forse qui il lettore troverà maggiore conforto). Spoiler: lo sdoppiamento del CSM secondo il CSM è una scelta discutibile. Perché? Problemi organizzativi, di coordinamento e quant’altro, non certo sacrificabili di fronte alla stravagante esigenza di un giusto processo (che comunque c’è già – dicono – quindi possiamo dormire sonni tranquilli). Passiamo allora al Capitolo III: il sistema elettorale. Qui c’è un po’ di drama, finalmente: il sorteggio “mette in pericolo il delicato equilibrio raggiunto dal costituente” attraverso “un sistema di selezione della compagine consiliare affidato essenzialmente (o prevalentemente) alla sorte”. Il tema, in effetti, c’è. Ma ce n’è anche un altro: si mina la capacità del CSM “di raccogliere ed esprimere in un unico organo non solo diverse professionalità, ma anche diverse sensibilità e visioni dell’ordine giudiziario”. Si annienta, in poche parole, il correntismo.
Arriviamo, infine, all’ultimo capitolo della saga: l’Alta Corte disciplinare. A spiegare cosa sia ci pensa l’approfondita scheda in apertura della nostra Quarta Pagina. Che cosa pensi il CSM di un organo che gli sottragga la giurisdizione disciplinare, lascio rispondere a chi legge. L’atmosfera, in ogni caso, è carica di suspense.
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