La protesta
Il primo maggio (a febbraio) della magistratura, lo sciopero solo in Italia: tutto quello che lo toghe non dicono

Se fossero i carabinieri a decidere di incrociare le braccia in modo così inusuale, implacabile e aggressivo, avremmo già gridato al colpo di Stato. La segretaria del Pd Elly Schlein avrebbe accusato Giorgia Meloni di non averli visti arrivare. Giuseppe Conte e Angelo Bonelli sarebbero già in Procura con il sacco a pelo. Ma se è la magistratura a proclamare uno sciopero, come quello di oggi contro il Parlamento e la separazione delle carriere di giudici e pm, il fatto viene celebrato con grande spolvero di nani e ballerine, cineasti e autori di thriller, come accade a Napoli. Mancano solo i pullman e la colazione al sacco, anche se qua e là, come a Bologna, si intravede la partecipazione della Cgil.
Lo sciopero delle toghe solo in Italia
Il Primo maggio delle toghe è tutto italiano, perché non sarebbe consentito nel mondo anglosassone e neanche in Germania, dove lo sciopero dei magistrati è vietato, e neppure in Francia, dove è consentito solo per motivi sindacali o di carriera, ma mai su provvedimenti legislativi. È tutta italiana anche nel merito, la protesta contro la riforma voluta dal Parlamento e dal ministro Carlo Nordio per emancipare l’ordinamento italiano e portare il nostro paese al livello di civiltà di tutti i sistemi dell’Occidente democratico. Quelli che hanno adottato il sistema processuale accusatorio che vede accusa e difesa chiamate a confrontarsi e scontrarsi davanti a un giudice veramente imparziale, perché “terzo”.
Quello che non dicono i magistrati
I sindacalisti in toga, che oggi porteranno la coccarda tricolore e agiteranno come il Libretto di Mao la copia della Costituzione, non lo diranno che nel Regno Unito come negli Usa, in Spagna e Portogallo, in Germania e Svezia, fino all’Australia, al Giappone, al Canada e all’India, insomma in tutto il mondo democratico, il pubblico ministero è solo una parte proprio come il difensore, distanti e distinti dal giudice, l’unico a stare sullo scranno più alto. Non lo diranno perché continueranno a difendere l’anomalia italiana, un unicum mondiale. Agiteranno la Costituzione come fosse ancora quella del 1948, tenendo ben celato quell’articolo 111 che fu introdotto nel 1999 e che vincolò il processo penale alla figura del “giudice terzo” e il cui completamento è proprio la separazione delle carriere.
Diranno che con questa riforma il governo vuole impadronirsi della pubblica accusa sottoponendola al proprio giogo. È una falsità, e lo sanno benissimo, è sufficiente la lettura del nuovo articolo 104, che stabilisce il contrario. Ma agiteranno il Grande Sospetto. Come il lupo disse all’agnello “se non mi hai intorbidato l’acqua tu saranno stati tuo padre o tuo nonno”, così la toga dice al Parlamento: se non hai ancora sottoposto il pm al controllo dell’esecutivo, lo farai in futuro o lo faranno i tuoi successori.
E intanto si truccano le carte, consentendo a chi lavora e viene retribuito di dichiararsi comunque uno scioperante per alzare le percentuali di adesione. Con l’incubo di quel misero 48% raggiunto contro le riforme Cartabia. E un occhio a quel 72% di sì al quesito sulla separazione delle carriere nel referendum mancato del 2022.
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