Caro direttore, penso che nessuno vorrebbe essere nei panni di Giuseppe Conte, neppure chi soltanto qualche mese fa invocava per se “pieni poteri”, solo ieri pretendeva i militari nelle strade italiane e oggi lamenta la solitaria assunzione di responsabilità del Presidente del Consiglio. Mi sono trovata in una situazione analoga, anche se non paragonabile in termini di ampiezza e gravità, quando nell’estate del 2011 scoppiò al Policlinico Gemelli di Roma una epidemia di Tbc che coinvolse centinaia di neonati. Dovetti assumere decisioni drastiche e difficili facendo lo slalom tra i pareri, spesso contrastanti, dei “tecnici”; ne uscimmo bene ma da quei momenti impari l’enorme responsabilità della politica, che è anzitutto “scelta” tra opzioni che non sono mai neutre.

Un’altra cosa che impari è il rispetto per chi ti succede nelle “responsabilità”, per chi ha ruoli esecutivi e porta il peso di incidere sulla vita delle persone che amministra e governa.  Basta del resto una lettura antologica dei quotidiani per capire che a nessun livello la classe dirigente generalmente intesa, possa considerarsi al di sopra delle critiche.
Se poi volgiamo lo sguardo all’estero non possiamo che perdonarci qualche esitazione iniziale considerato che – dall’Inghilterra agli Stati Uniti – abbiamo assistito a ritardi ben più colpevoli visto che si potevano assumere decisioni sulla base delle esperienze già fatte da altri Paesi nella battaglia contro il Covid19.

Ma detto questo penso che il Parlamento non possa restare fermo. Si è innescato un dibattito sulla “funzionalità” delle Camere che rischia di minare la “funzione” della Repubblica parlamentare consegnataci dai Padri Costituenti.
Importanti costituzionalisti hanno dibattuto, con profondità di argomentazioni e anche su queste colonne, sulla possibilità di consentire il voto a distanza pur di tenere aperto il Parlamento. Una lettura dell’articolo 64 della Costituzione sembrerebbe, secondo questi esperti, consentirlo.

Ma la funzione del parlamentare e del Parlamento, per quanto svilita a “scatoletta di tonno”, considerata a “cottimo” da chi conta la quantità delle leggi approvate e non la loro qualità , ridotta a mero “costo” da chi ha voluto dimezzarne la consistenza, deve tener conto del “procedimento legislativo” sancito dall’articolo 72 che riassume e il senso e dá corpo alla democrazia partecipativa. Condivido gran parte di quanto contenuto nei decreti in vigore ma ho delle proposte di buon senso da avanzare che nascono dalla mia esperienza e dalle richieste che mi sono giunte dal mondo del lavoro e della produzione e vorrei, dunque, provare a confrontarmi col Governo per dare una mano al Paese così come fanno tante altre “categorie” necessariamente escluse dai provvedimenti restrittivi.

Il Parlamento deve funzionare perché non si possono creare “precedenti” pericolosi per la democrazia, invocando ed attuando misure emergenziali che sospendono molteplici diritti ed evocando, al tempo stesso, pericolosi scenari di “guerra”. Sono contraria, per i motivi che dicevo, al voto a distanza anche perché immagino che si possano trovare diversi altri modi per favorire e disciplinare la presenza tenendo, per esempio, i Deputati all’interno di Montecitorio ma chiamandoli al dibattito ed al voto in modo scaglionato e considerando in missione quanti oggettivamente impossibilitati a raggiungere la Capitale.

Pitagora divideva il prossimo in due categorie: i matematici, che avevano diritto di accedere alla “conoscenza”, e gli acusmatici, cioè coloro che potevano solo “stare a sentire”; non penso che il nostro ruolo, il ruolo dei parlamentari , possa essere quest’ultimo.