Cinque deputati contagiati, viceministri, quarantene a go go e un Parlamento di fatto impossibilitato, per ragione di igiene pubblica, a riunirsi secondo i dettami costituzionali, non potendo nemmeno garantire a tutti la piena partecipazione. Dobbiamo riconoscere che oggi siamo ben lontani dal dettato della Costituzione. Ogni parlamentare, infatti, ha il diritto di poter svolgere il proprio mandato non solo all’interno del Parlamento ma anche al suo esterno. Anzi, tra attività extraparlamentare ed attività parlamentare s’innesca un circolo virtuoso perché la prima costituisce, a un tempo, motore ed esito della seconda.

È dall’attività tra la gente, nel territorio, è dal contatto e dal confronto con il vissuto quotidiano infatti, che il parlamentare trae informazioni, sollecitazioni, esigenze, interessi e sarà compito suo e della sua parte politica mediare e rappresentare nella conseguente attività svolta all’interno delle Camere. Insomma il convincimento politico non deriva da una formazione solipsista, ma scaturisce dal confronto tra le diversità e l’osmosi democratica è la chiave vincente di una proposta e dell’azione che ne deriva.

«L’attività dei componenti delle Camere nello Stato democratico rappresentativo è per sua natura destinata a proiettarsi al di fuori dalle aule parlamentari, nell’interesse della libera dialettica politica, che è condizione di vita delle istituzioni democratico-rappresentative», recita la sentenza numero 321 del 2000 della Corte Costituzionale.
I parlamentari possono visitare senza autorizzazione gli istituti penitenziari, ai sensi dell’articolo 67 della legge 354 del 1975 e le strutture militari come prevede articolo 301 del decreto legislativo 66 del 2010.

L’accesso dei parlamentari in queste strutture rientra tra le “attività di ispezione” connesse alla funzione di parlamentare ed espletate anche fuori del Parlamento: attività ispettive che sono espressamente incluse dall’art. 3.1 della legge 140 del 2003 tra quelle per le quali il parlamentare non può essere chiamato a rispondere in alcuna sede, amministrativa compresa. Né si può ritenere che i parlamentari possano svolgere senza autorizzazione l’attività ispettiva solo nelle due ipotesi, carceri e strutture militari, espressamente previste. Ma proprio la potenzialità insita nello svolgimento del libero mandato parlamentare impone che esso non sia preventivamente ingabbiato in ipotesi specifiche e riduttive.

Il riferimento dell’articolo 3.1 della legge 140 del 2003 ad “ogni altra attività di ispezione, di divulgazione, di critica e di denuncia politica, connessa alla funzione di parlamentare, espletata anche fuori del Parlamento” va interpretato in senso estensivo correlando tale attività non alla funzione parlamentare, in senso oggettivo, ma alla funzione di parlamentare, in senso soggettivo (cit. Manzella). Qui si pone la prima questione: in questa fase siamo proprio convinti che l’esercizio delle nostre funzioni non sia limitato di fatto dalle restrizioni necessarie per contenere la diffusione del Covid 19? Mi è consentito andare in ospedale, al di fuori del mio comune di residenza, a vedere qual è lo stato in cui opera il personale sanitario e il grado di risposte sanitarie che si garantiscono ai miei cittadini?

Tutti interrogativi ai quali il Parlamento potrebbe provare a dare una risposta con l’azione, prima che con improbabili modalità di voto per delega: con il pretendere di avere il tempo giusto per esaminare i decreti legge. Il Parlamento rischia, nella pubblica opinione, di diventare sempre più un fastidioso e necessario orpello da utilizzare come finzione o, peggio, schermo opaco per decisioni assunte altrove. In questa legislatura abbiamo approvato un mare di mozioni, risoluzioni e chi più ne ha più ne metta. Forse questa proprio è l’occasione per dare un indirizzo al governo circa le cose da fare proprio in questi drammatici momenti.

E poi, perché no, una iniziativa bipartisan su di un disegno di legge di iniziativa parlamentare che definisca finalità degli interventi, misuri le priorità ed indichi una strategia condivisa lasciando al governo l’istituto d’emergenza dei decreti. Sfuggire per viltà o per paura, per comodità o per miopia significa aiutare il Coronavirus nell’opera di demolizione della salute delle persone e delle Istituzioni.