L'appello
“I progetti di sviluppo partano dalle periferie”, parla l’arcivescovo di Benevento Accrocca
«I progetti di sviluppo devono partire dalla periferia e andare verso il centro, non viceversa, e i sindaci devono mettere da parte tutti i personalismi e lavorare insieme. Altrimenti la Campania e il resto del Mezzogiorno perderanno un’occasione preziosa come la Strategia nazionale per le aree interne»: Felice Accrocca, arcivescovo di Benevento, spiega i presupposti indispensabili per rilanciare le zone meno sviluppate del Paese. La Snai, nata nel 2014 con l’allora ministro Fabrizio Barca, ha selezionato 72 aree interne, cioè quelle caratterizzate da una distanza di 45/70 minuti dai principali centri di offerta di servizi essenziali (salute, istruzione, mobilità collettiva) ma anche da una grande disponibilità di risorse ambientali (risorse idriche, sistemi agricoli, foreste, paesaggi naturali e umani) e culturali (beni archeologici, insediamenti storici, abbazie, piccoli musei, centri di mestiere).
In Campania ce ne sono quattro: Vallo Di Diano, Cilento interno, alta Irpinia e Tammaro Titerno. La Strategia ha individuato nella collaborazione tra i Comuni il fulcro della buona riuscita dello sviluppo delle aree interne: il pre-requisito per entrarne a far parte della strategia è l’associazionismo intercomunale. «È fondamentale – osserva monsignor Accrocca – I sindaci dei singoli Comuni devono superare quei personalismi che troppo spesso caratterizzano il loro operato unendo le forze per lavorare a un progetto sinergico». In Campania, ma anche nelle altre regioni, campanilismi duri a morire ostacolano spesso la collaborazione tra diversi Comuni ma forse, con la Snai, la situazione sta cominciando a cambiare.
«L’avvio della Strategia ha segnato l’occasione per iniziare a parlare di questo problema e tentare di superarlo», riferisce Accrocca. Sono soprattutto i piccoli Comuni a essere molto legati alla loro identità, il che ne condiziona l’impegno anche nel quotidiano. «Seguendo le indicazioni della Snai che suggeriscono di gestire servizi e funzioni in forma associata – racconta il prelato – due amministrazioni del Beneventano avevano deciso di condividere le polizie municipali in modo tale da garantire maggiori controlli sui territori di competenza. Uno dei due sindaci, però, ha subito lamentato il fatto che il capo della polizia fosse stato scelto tra gli agenti dell’altro paese. Ecco, questo tipo di approccio dev’essere superato».
Per porre fine all’individualismo degli enti locali la Chiesa è diventata parte attiva della nuova strategia di sviluppo. «Non vogliamo sostituirci alla politica ma unire – precisa Accrocca – Ho parlato con i sindaci chiedendo loro collaborazione per realizzare progetti utili ai cittadini, non finalizzati ad accrescere il consenso elettorale. Gli amministratori locali devono sviluppare servizi diversi e complementari rispetto a quelli attivi nei paesi limitrofi: per esempio, se uno decide di puntare sulla scuola, l’altro può concentrarsi sugli impianti sportivi. Tutti ne trarrebbero beneficio». E quali sono i progetti fondamentali sui quali investire per rilanciare le aree interne campane? «Occorre valorizzare i nostri punti di forza – risponde Accrocca – e quindi il patrimonio artistico, culturale ed enogastronomico. Ma è essenziale anche il potenziamento della rete delle infrastrutture».
Per far sì che la Snai centri il suo obiettivo, però, è indispensabile una nuova strategia di sviluppo. «Innanzitutto è fondamentale invertire la piramide ed è quello che noi vescovi abbiamo chiesto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella nella lettera che gli abbiamo recentemente inviato – spiega monsignor Accrocca – I lavori per costruire una strada, che colleghi un’area interna al centro, non possono partire dal centro perché in questo modo rischiano di non raggiungere la periferia. Se quei lavori partono dalla periferia, invece, sicuramente raggiungeranno il centro perché è impensabile negare servizi fondamentali a una zona di grande forza attrattiva». Ma c’è anche una questione importante che andrebbe rivista e riguarda la distribuzione dei fondi.
«Non trovo corretto il criterio con il quale vengono assegnate le risorse economiche – conclude Accrocca – Il denaro viene ripartito in base al numero di abitanti dell’area beneficiata, ma la popolazione non può essere l’unico parametro. Alcuni centri hanno pochi abitanti, ma una grande mole di interventi da realizzare: non è giusto negare loro le risorse necessarie per la realizzazione dei progetti solo perché il numero di abitanti è esiguo. Ecco, se le amministrazioni cambiano approccio, le aeree interne diventeranno davvero punti di forza del Paese».
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