Zelensky: "Niente accordi senza Kiev"
Il blitz di Macron spacca l’Ue: il vertice di Parigi tra ritardi, divisioni e quella guerra in Ucraina che vede Usa e Russia decidere in autonomia

Emmanuel Macron ha voluto riunire tutti i “pesi massimi” europei appena ha capito che Trump aveva messo il piede sull’acceleratore. The Donald vuole arrivare il prima possibile a un accordo sull’Ucraina. E la telefonata con Vladimir Putin è stata un messaggio sia nei riguardi di Volodymyr Zelensky che dell’Europa. I protagonisti che rischiano di essere relegati a un ruolo da spettatori proprio quando si inizia a discutere di pace.
L’Eliseo ha deciso di muoversi subito, e di chiamare solo quei leader ritenuti davvero essenziali nel panorama strategico del Vecchio Continente. Ha voluto il premier britannico Keir Starmer, l’olandese Dick Schoof, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez, il leader polacco, Donald Tusk, e la premier Giorgia Meloni. E insieme ai rappresentanti di questi Paesi, all’Eliseo sono stati ricevuti anche il segretario generale della Nato, Mark Rutte e i vertici dell’Unione europea: Antonio Costa e Ursula von der Leyen.
I mal di pancia nell’Ue per il blitz di Macron
Una riunione ristretta, che ha provocato anche qualche mal di pancia all’interno del blocco Ue. Secondo alcuni, anche a Palazzo Chigi sono rimasti sorpresi dall’iniziativa francese, vista come il frutto di un eccessivo dinamismo di Macron ma anche come un modo per escludere i governi in prima linea sul fronte orientale. Un vertice che rischia di essere stato ancora più divisivo, come hanno sottolineato la presidente della Slovenia, Natasa Pirc Musar, e il premier slovacco Robert Fico. E l’imbarazzo si è percepito anche dalle parole di un portavoce della Commissione europea, che ieri ha detto che sulla partecipazione di alcuni Paesi membri era “difficile per noi esprimere una posizione in merito”. Il vertice, secondo il funzionario di Bruxelles, “non ha assolutamente lo scopo di escludere nessuno”.
Le trattative tra Usa e Russia
Una versione ribadita anche da Costa, secondo cui la riunione era “l’inizio di un processo che continuerà con il coinvolgimento di tutti i partner impegnati per la pace e la sicurezza in Europa”. Ma le frasi del presidente del Consiglio europeo non sembrano avere chiuso le discussioni. Del resto, questo è un momento straordinario della diplomazia. E Macron ha compiuto una mossa fuori dall’ordinario. Con l’Arabia Saudita che oggi vedrà riunirsi funzionari americani e russi per discutere della pace in Ucraina, il tempo a disposizione dell’Europa rischia di essere molto poco. Domenica, Macron ha sentito al telefono il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, proprio per fare il punto della situazione. E prima dell’incontro di Parigi, il capo dell’Eliseo ha telefonato direttamente a Trump, facendo quindi intendere che il summit europeo non era alternativo al percorso tracciato dal tycoon.
Del resto, la riunione in Francia è l’inizio anche di una roadmap per trovare un equilibrio tra le esigenze della Casa Bianca e le proposte formulate dai singoli Stati europei e della Nato. Trovare un compromesso, con opposte esigenze politiche e strategiche, non è semplice. Starmer ha detto che deve essere un “accordo di pace duraturo, non solo una pausa in vista del ritorno di Putin”. Mentre Scholz ha sottolineato la difficoltà del momento per l’Europa, ricordando che non può essere imposta la pace a Kiev. Ma prima del vertice francese, sono arrivate anche messaggi di distensione, anche per non fare apparire questo summit come l’alternativa a quello di Riad.
Spese per la difesa e invio truppe
Tusk, da sempre uno dei “falchi” europei, ha ribadito l’importanza di aumentare le spese per la difesa (una delle richieste di Trump). “Se noi europei non spenderemo per la difesa adesso, saremo costretti a spendere dieci volte di più se non impediamo un allargamento della guerra” ha affermato il premier polacco su X. E un altro tema caro al presidente Usa è anche quello di una possibile missione di pace in Ucraina. Tema di cui si inizia a parlare parecchio specialmente in Europa. I tempi di certo non sono ancora maturi, lo ha detto anche il ministro degli Esteri spagnolo, José Manuel Albares. E pure il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha detto che sul punto ancora “non ci sono state discussioni concrete”. Del dossier però se ne parla, eccome. Secondo l’Economist, gli Usa starebbero facendo pressioni anche su Cina e Brasile per mandare delle proprie forze e dare più peso diplomatico alla missione. E tra i Paesi europei sono iniziati a trapelare primi commenti favorevoli all’ipotesi di un una forza multinazionale.
La Svezia “non esclude” l’invio di truppe di peacekeeping in Ucraina, ha detto la ministra degli Esteri, Maria Malmer Stenergard. Anche Starmer ha detto che il Regno Unito è pronto a contribuire alle garanzie di sicurezza per Kiev mettendo, se necessario, “le proprie truppe sul terreno”. A Parigi, Scholz ha detto che il dibattito sui peacekeeper in Ucraina, con la guerra in corso, è “completamente prematuro” e “altamente inappropriato”. Ma un deputato Jurgen Hardt della Cdu, il partito che molto probabilmente guiderà il Paese dopo le prossime elezioni, parlando alla Bbc è stato più conciliante: “Non possono immaginare che la Germania si tiri fuori”.
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