Con "L’acqua del lago non è mai dolce" si è aggiudicata il prestigioso premio
“Il Campiello? Rumoroso e più grande di me”, intervista a Giulia Caminito
Ho conosciuto Giulia Caminito una sera di qualche anno fa all’appuntamento conclusivo del Premio Strega. Nello splendido ninfeo di Villa Giulia trionfò Helena Janeczek con La ragazza con la Leica; respirammo parole, libri e si rise anche. Infatti ad un tratto una signora arrivò al nostro tavolo e le scappò di mano una bottiglia bagnandoci tutti. Da quella sera Giulia Caminito, che ai tempi poteva fregiarsi di un esordio convincente con La Grande A (Premio Bagutta opera prima, Premio Brancati giovani e Premio Berto), di strada ne ha fatta davvero molta. Dopo aver pubblicato nel 2019 Un giorno verrà (Premio Fiesole Under 40) la consacrazione è giunta di recente con L’acqua del lago non è mai dolce opera che le ha permesso non solo di arrivare nella cinquina finale del Premio Strega e di aggiudicarsi il Premio Strega Off, ma anche di svettare sugli altri finalisti del prestigioso Premio Campiello.
Come ci si sente dopo la vittoria del Campiello?
“E’ stata un’emozione forte e strana allo stesso tempo. Non me lo aspettavo, ero seduta lì e quando mi sono girata e ho visto la copertina del mio libro sullo schermo dove aspettavamo che venisse rivelato il vincitore mi è preso un colpo. Un onore, una grande occasione per il libro, per me e per il mio futuro”
Quali pensa siano gli aspetti del romanzo che le hanno permesso di trionfare?
“Difficile dirlo, quando il libro doveva uscire ero molto preoccupata e titubante perché questo è un libro diverso dagli altri che ho scritto e mi sembrava non venuto bene. Lo avevo finito durante il lock down e credevo sarebbe stato inutile farlo uscire in quel momento, all’inizio di un anno che non sapevamo dove ci avrebbe portati. Però da un certo momento in poi ha cominciato a girare tra i lettori, nelle librerie e soprattutto tra le persone dai trentacinque anni in giù. Il fatto di aver parlato degli anni duemila, del consumismo, di quel tipo di adolescenza, della frustrazione, degli obiettivi non raggiunti, ha reso molte persone partecipi nella lettura. Ho fatto una cavalcata rischiosa nella contemporaneità abbandonando gli argomenti pregnanti dei miei precedenti libri e ancora oggi non mi spiego tutto questo interesse”
Delusa di non aver vinto lo Strega? E’ stata d’accordo col verdetto?
“Sono felicissima di essere entrata nei cinque, è stata una grande sorpresa. Emanuele Trevi meritava davvero il premio: per il libro, per la scrittura, per il critico, il giornalista, lo scrittore, il pensatore che è. Mi sentivo tra giganti e ho vissuto benissimo la serata perché ero consapevole che quel Premio Strega fosse suo”
Quello che sta accadendo di cosa la ripaga?
“Dei dieci anni trascorsi da quando mi sono laureata nei quali ho cercato pazzamente di lavorare nel mondo dei libri. Mi sono dedicata alla scrittura, ho vissuto momenti di sconforto in cui non mi sono sentita capita, ho pensato talvolta di non aver fatto abbastanza, altre volte mi sono disperata convincendomi che non aveva senso continuare a scrivere. Lavorare nel mondo dell’editoria è duro, porte chiuse, stipendi tagliati, gente che non paga ad oltranza, licenziamenti improvvisi. Essere autosufficiente mettendo insieme piccoli guadagni di qua e di là è stata un’impresa sfinente. I premi di certo non qualificano, ma mi permettono di avere una prospettiva futura, poter pensare di continuare a fare quello che amo”
Dopo aver pubblicato L’acqua del lago non è mai dolce è stata accusata di pessimismo per la durezza della storia raccontata.
“Il fatto che i libri vengano criticati e colpiscano è una cosa buona, mi sono resa conto che molti lettori, soprattutto quelli più grandi di me, non hanno vissuto bene il fatto che non ci sia un lieto fine e che il finale non si apra a scenari particolarmente positivi. Il libro non è un manifesto di una generazione, né dei tempi, desideravo raccontare una storia e sentivo che quella era la parabola che doveva prendere. Comunque personalmente pessimista lo sono, penso sempre al peggio che può accadere e se poi succedono cose belle mi rallegro”
Tagliare traguardi così importanti a 33 anni è rischioso, riuscirà a trovare ancora stimoli per puntare ad altri traguardi?
“Quello che ho ottenuto è già tantissimo e non oso augurarmi altro, dal punto di vista dei premi posso pure andare in pensione! Mi preoccupa piuttosto che tutto questo clamore possa complicare il mio percorso, non vorrei mi allontanasse dalla scrittura, da come l’ho sempre vissuta. Mi domando chi sarò, cosa scriverò, se riuscirò a staccarmi da questo libro, se dopo quest’annata eccezionale potrò tornare a curare progetti che ho seguito in questi anni e ai quali tengo molto”
Di quali progetti parla?
“Voglio riprendere il mio lavoro di editor, i laboratori nelle scuole, in carcere, il lavoro nelle biblioteche, sulle scrittrici dimenticate, tutti piccoli grandi progetti che in questi anni mi hanno sostenuto e mi hanno donato linfa per scrivere e per capire cosa mi interessa. Voglio tornare a quello che amo e non perdermi di fronte alla situazione attuale, rumorosa e più grande di me”
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