La prevenzione funziona ed è una cosa seria. Per questo il piano vaccinale e tre patologie oncologiche (tumore al seno, al colon retto e alla cervice uterina) rientrano nella valutazione dei Livelli essenziali di assistenza. Ma in Campania la parola prevenzione provoca ancora una reazione indifferente, se non ostile. Protagonista ogni anno dei convegni Asco (American society of clinical oncology) che radunano a Chicago 25mila oncologi, Cesare Gridelli segue con attenzione il problema. «In campo oncologico c’è un’importante differenza tra il Sud e il Nord. Da noi – spiega lo studioso impegnato sui tumori polmonari – l’incidenza oncologica è nettamente inferiore, ma rispetto al Nord la mortalità è molto maggiore. Problema serio perché, se i programmi di screening venissero seguiti con puntualità anche al Sud, in Italia calerebbe la mortalità». Chi sta bene è distratto e non presta attenzione alla propria salute perché per anni le cartoline inviate dalle aziende sanitarie con l’obiettivo di ricordare l’appuntamento con la prevenzione sono rimaste senza seguito.

«Per il tumore alla mammella viene proposta l’ecografia o la mammografia, per quelli al colon la ricerca del sangue occulto, per la cervice uterina un pap test – ricorda lo studioso – La Regione sta seguendo con attenzione la problematica legata alla prevenzione e i colleghi delle aziende sanitarie confermano che da un paio di anni si registra un notevole miglioramento». Lo chiede il governo, lo impongono i livelli di assistenza, è un’esigenza alla quale dovrebbero rispondere tutti i cittadini. Le offerte di screening sono fondamentali anche se in campo oncologico la Campania ha finalmente realizzato la rete telematica che collega tutte le strutture e ci permette di avere un’idea chiara e aggiornata della situazione. Ma su questo tema bisogna investire e cambiare mentalità una volta per tutte: non bastano la cartolina dell’Asl, il contributo dei farmacisti e dei medici di famiglia. «La situazione – ricorda il professore Gridelli – è in miglioramento ma c’è ancora molto da fare».

Come difenderci, cosa può aiutarci a tenere il cancro lontano dal nostro corpo? Gridelli ha idee chiare: «Quella prevista dal Ministero è la prevenzione secondaria. Quella del “dopo” perché, in base all’età e all’eventuale familiarità, permette con particolari esami di scoprire se siamo indenni o invece già colpiti da un problema oncologico. Un importante fattore di rischio – avverte lo scienziato – è rappresentato dal fumo. Il 30 per cento dei tumori polmonari è determinato dal tabacco e da anni le donne si sono avvicinate al fumo in maniera allarmante. La scienza ha accertato che il fumo è responsabile all’80 per cento non dolo dei tumori del polmone, ma anche di quelli testa – collo, al rene, alla vescica e al pancreas. Attenzione, perché è ancora più importante la prevenzione primaria, quella che modifica il nostro stile di vita». Vizietti da eliminare, cattive abitudini da dimenticare soprattutto a colazione, a pranzo e a cena: «La prevenzione primaria riguarda quanto e cosa mangiamo. Con un’alimentazione scorretta si apre un’autostrada al trenta per cento dei tumori». Che fare? Ridurre i grassi animali, il consumo di alcol, inserire molte fibre nel proprio menu e usare quantitativi minimi di sale. È moderna ed efficientissima, ad Avellino, la divisione di oncologia polmonare del Moscati guidata da Gridelli che coltiva da sempre due passioni: la musica e la cucina.

«Ho scritto tre libri proprio per la prevenzione primaria: “La cucina contro il cancro”, che ha venduto oltre 10mila copie, “La cucina salvavita” e “Dolci senza rimpianto” per spiegare che si può mangiare tutto e in modo corretto. Una grigliata di carne o di pesce, una frittura ogni tanto non si nega a nessuno. Si deve mangiare con piacere e con gusto, da oncologo non consiglio pranzi da ospedale, ma una quotidianità che comporti il rispetto di alcune regole. A colazione, per esempio, è da preferire ai prodotti da bar un dolce fatto in casa. Magari senza uova, con cioccolata fondente e zucchero di canna. Chi rispetta i canoni della prevenzione primaria si avvicina più serenamente agli screening preventivi di secondo livello». Che tempi servono per aggiungere un altro pezzo a questo grande cerchio? «Almeno un anno che richiede investimenti e un grande sforzo organizzativo coinvolgendo tutti. La prevenzione di cui parliamo è fondamentale, ma non basta. Il cancro purtroppo avanza per ereditarietà, per fattori ambientali come la presenza di discariche e di amianto di cui spesso un malato non si rende neanche conto».