Tornano alla memoria, in questi giorni, i moniti del Club di Roma degli iniziali anni settanta del secolo scorso e il ruolo di uno scienziato, Aurelio Peccei, inascoltato sui problemi dell’impiego delle risorse del pianeta, sui vincoli ecologici, sui rischi ambientali. Al primo shock petrolifero comunque si rispose con una serie di misure fino alle “ domeniche a piedi”,, mentre l’allora Governatore della Banca d’Italia, Guido Carli, proponeva un piano per il reimpiego dei petrodollari, incassati dai Paesi produttori dell’oro nero con quella che venne definita, per i rincari, la tassa dello sceicco.

Lo spegnimento delle luci da parte dei Sindaci, deciso ieri, è un segnale che vi riporta a quel tempo. Oggi i rincari dell’elettricità e del gas, rispettivamente +55 per cento e +40 per cento, sono ovviamente eccezionali, cominciano a traslarsi su altri beni, frenano l’attività economica nel momento del rilancio dopo la fase più dura della pandemia, con bollette quadruplicate ( mentre la produzione industriale chiude l’anno passato con -1 per cento), impattano sulle condizioni delle famiglie e, in particolare, su quelle disagiate con aggravi dei bilanci che, in media, si stimano, per l’anno, intorno ai mille euro. Finalmente, si è capito, dal Governo, che occorre un piano organico di ampia portata. Cinquanta anni fa lo si era immediatamente compreso. Si vede, allora, cha la storia è una maestra senza alunni o con alunni quantomeno svogliati.

Mario Draghi, in ogni caso, nel discorso tenuto a Genova mercoledì, ha annunciato, alla fine, un tale piano; le voci che filtrano fanno riferimento a possibili misure per 5/7 miliardi – che si aggiungerebbero ai 5 miliardi stanziati verso la fine dello scorso anno – con la finalità di sostenere imprese e famiglie. Si ipotizzerebbe, però, secondo indiscrezioni, di agire a saldi invariati di bilancio facendo leva, tra l’altro, sui proventi delle aste per le quote di emissione di CO2, sugli oneri generali di sistema, sull’extra-gettito del carburante i cui prezzi sono in aumento. E’ passata in secondo piano, invece, l’ipotesi di un intervento, almeno in chiave solidaristica, sugli extra-profitti realizzati dalle imprese produttrici di prodotti energetici, ovviamente alla condizione che questi siano stati e siano effettivamente conseguiti.

Non sarebbe ammesso, però, un nuovo scostamento di bilancio, condizione, questa, che sarebbe un “ prius” rispetto alle misure da adottare, capovolgendo in tal modo il procedimento logico che, in una situazione eccezionale qual è l’attuale, dovrebbe muovere dal “ che fare” per poi decidere se le misure straordinarie necessarie implichino, come qui si ritiene, o no un tale scostamento. Non si vive di solo Piano di ripresa e resilienza o nell’atarassica attesa dei suoi effetti, senza con ciò sottovalutarne l’assoluta importanza. Nel breve termine, difronte a ciò che sta accadendo con i rincari, non si può non agire e occorre farlo con misure adeguate e consistenti nell’ambito di un piano che contenga provvedimenti congiunturali e strutturali, interventi specifici in campo sanitario e si raccordi, poi, con le misure del Pnrr. Solo così si da attuazione all’ampia portata del programma indicata dal Premier.

Del resto, non è tuttora il tempo in cui lo Stato deve dare e non richiedere ai cittadini? O si trattava di un principio valido solo in una certa fase? E il cambio del paradigma invocato da Draghi in un non dimenticato articolo sul Financial Times? E non è debito buono il sostegno all’economia e ai bilanci familiari? La crescita del Pil, per l’Italia, viene rivista, nelle stime, al ribasso per il 2022 (4,1 per cento secondo la Commissione Ue, 3,8 -3,9 per cento, secondo altri importanti previsori) mentre è del 3,8 per cento il livello dell’inflazione previsto per l’anno in corso. A maggior ragione occorre una terapia d’urto coordinata con iniziative da promuovere a livello europeo. L’Unione e, in particolare, la Commissione, non possono essere soltanto i soggetti che in questi mesi controllano il debito.

La positiva esperienza del Next Generation Eu va ripetuta, fatti i dovuti cambiamenti, anche per le forniture di energia e per una politica internazionale che metta ai primi posti questo argomento. È in questo senso che occorre una forte iniziativa del Governo italiano anche per la ricerca delle necessarie e tempestive convergenze in sede europea. Un piano organico, all’interno, dunque, che ammetta pure lo scostamento di bilancio e la spinta, all’esterno, per un piano europeo. Poi non bisogna dimenticare che incombe pure l’ipotesi, fin qui non sempre linearmente smentita dai vertici della Bce, anzi spesso oggetto di comunicazioni contraddittorie, dell’avvio, magari a marzo o più avanti, di una politica monetaria meno accomodante che aggredirebbe, sì, l’inflazione – la quale rappresenta un problema vero e la peggiore tassa per i titolari di redditi bassi – ma renderebbe più difficile il finanziamento del debito. Insomma, al Governo che ha l’ex Presidente della Bce come Premier e l’ex Direttore generale della Banca d’Italia come Ministro dell’economia, non è il caso di dire “ estote parati”. È scontato. Meno scontato è, tuttavia, che poi si agisca di conseguenza, anche se vorremmo essere sconfessati dai fatti.