Costa (Azione) annuncia un emendamento
Il caso Maresca e i sette vizi capitali del sistema Giustizia
Porte girevoli e non solo. La vicenda di Catello Maresca, ex pm ed ex candidato a sindaco e ora giudice di Corte d’appello a Campobasso e consigliere comunale a Napoli, alza il velo su uno dei nodi irrisolti della giustizia. Ma non l’unico. «La proposta che farò alle forze politiche è che un caso Maresca non possa più accadere. L’indipendenza deve essere non solo applicata ma anche percepita» assicura la ministra della Giustizia Marta Cartabia.
Intanto la questione resta ed è in discussione da tempo. «La riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario sarà efficace solo se inciderà sui sette vizi capitali del sistema: il correntismo, i passaggi delle funzioni di pm a giudice, disciplinare che fa acqua, magistrati tutti promossi, responsabilità civile senza responsabili, porte girevoli con la politica, una miriade di fuori ruolo» tuona Enrico Costa, deputato di Azione, intervenendo al dibattito politico-giudiziario che si è riacceso all’indomani della decisione del Csm di accogliere la richiesta di Maresca e assegnarlo alla funzione di consigliere della Corte d’appello di Campobasso.
Un dibattito che si era infiammato già nei mesi scorsi, prima dell’ufficializzazione della candidatura a sindaco di Maresca, quando si vociferava che l’ex pm anticamorra avesse ambizioni politiche mentre lui era ancora al lavoro nel suo ufficio di sostituto alla Procura generale di Napoli, e la questione era tutta legata all’opportunità che un magistrato fosse in servizio proprio nella città in cui faceva campagna elettorale. Ora il tema ritorna con gli stessi interrogativi aperti e i vuoti normativi da colmare. «Quanto alla questione delle porte girevoli – continua Costa -, quanto accaduto in questi giorni, con un candidato sindaco che fino a poco prima svolgeva funzioni requirenti nello stesso territorio elettorale e oggi può svolgere (a giorni alterni?) il ruolo di consigliere comunale e di Corte d’appello in contemporanea, dimostra che l’attuale normativa è inefficace per garantire, soprattutto, l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, ma anche la fiducia nella stessa». Di qui l’iniziativa: «Se non sarà il Governo con i suoi emendamenti ad intervenire drasticamente, lo faremo noi di Azione, auspicando che le altre forze politiche non cambino posizione solo perché ad essere interessati sono oggi loro esponenti».
L’argomento è particolarmente sentito dall’opinione pubblica. La questione relativa al rapporto tra magistratura e politica viaggia di pari passo con quella legata alla logica delle correnti in seno alla categoria delle toghe. Per il giudice Giuliano Castiglia, rappresentante del gruppo Articolo 101 nel direttivo dell’Anm, la riforma va fatta «al più presto». «Se sul piano formale la magistratura è indipendente dal potere politico, come dice la ministra Cartabia, sul piano sostanziale – afferma – l’indipendenza non è adeguata. La ragione è nota e unanimemente denunciata: il correntismo».
«Faccio riferimento – dichiara Castiglia in un’intervista all’Adnkronos – al fatto che tra la politica e i gruppi organizzati interni alla magistratura esistono canali di collegamento attraverso i quali i protagonisti si condizionano reciprocamente. È ovvio – aggiunge – che bisogna distinguere. La politica è un’attività nobilissima, nessuno vuole demonizzarla, è un’arte bellissima, chiamiamola così, anche se le degenerazioni non mancano. Il problema nasce quando l’influenza culturale si trasforma in gestione del potere, nei campi più disparati e, in particolare, nella partecipazione alla distribuzione di incarichi secondo logiche di appartenenza. Le cause di questa degenerazione con effetti gravissimi, allo stato, non sono state ancora affrontate e, tanto meno, rimosse. Non può che essere questo, del resto, il motivo per cui assistiamo a ripetuti appelli, anche al massimo livello, al varo di adeguate riforme».
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