Non passa giorno senza che si siano notizie di malagiustizia, la credibilità delle toghe è da tempo sotto zero, gli effetti nefasti del Palamaragate continuano a farsi sentire, come nella vicenda per la nomina del nuovo procuratore di Roma, ed il Parlamento cosa fa? Ha rinviato giovedì scorso ancora una volta la discussione per la riforma della magistratura e del Csm. Il motivo? Il governo non ha, a quasi un anno dal suo insediamento, preparato gli emendamenti al testo presentato all’inizio dell’estate del 2019 dall’allora ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.

Chiunque, davanti ad un quadro del genere, e ricordando i continui richiami del capo dello Stato Sergio Mattarella a fare presto, si sarebbe aspettato di leggere la notizia dell’ennesimo rinvio della discussione generale su tutti i giornali di ieri. Ed invece nulla. A parte Il Riformista che ha dedicato l’apertura al rinvio della discussione in Commissione giustizia sulla riforma del Csm e sulla magistratura, silenzio totale. Non c’è una riga su Corriere della Sera e Repubblica, che cavalcarono il Palamaragate nell’estate del 2019, non c’è una riga sul Fatto Quotidiano, sempre molto attento a questi temi e sul quale scrivono un numero considerevole di magistrati, sia in servizio che in pensione, e non c’è una riga su quei giornali di destra che dovrebbero avere il dente avvelenato nei confronti delle toghe dopo il trattamento ormai trentennale riservato dalle Procure del Paese a Silvio Berlusconi e, ultimamente a Matteo Salvini e ai vari governatori leghisti, ad iniziare da quello della Lombardia Attilio Fontana, fresco di rinvio a giudizio a Milano per i camici donati allo scoppio della pandemia.

A dirla tutta, comunque, un articolo su quanto accaduto in Commissione giustizia c’è. È su Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana. Avvenire ha dedicato al rinvio un editoriale in prima pagina dal titolo “Vietato non rifare il Csm”, proprio di fianco all’articolo con foto della visita di papa Francesco a Cipro. Che il giornale dei vescovi si interessi a temi “terreni” sorprende alquanto. Ma il motivo è ben spiegato nel pezzo: “Senza nulla togliere alle riforme del processo penale e civile, si può dire che la riforma del Csm è la “vera” riforma della giustizia”. “Senza una magistratura – prosegue – libera dal correntismo, dal protagonismo di alcuni suoi membri, e dall’appannamento della sua immagine agli occhi dei cittadini non avremo mai un sistema in grado di fornire un buon servizio ne di infondere fiducia agli investitori stranieri”. Più chiaro di così era difficile. Avvenire ricorda poi ai suoi lettori il potere del Csm in tema di assunzioni, promozioni, trasferimenti, sanzioni disciplinari dei magistrati.

Un Csm “ostaggio delle correnti”, come affermato proprio al Riformista nelle scorse settimane dal giudice Andrea Reale, esponente di Articolo 101, il gruppo anticorrenti. Il problema principale, a parte i tempi che si trascinano, riguarda la ministra della Giustizia Marta Cartabia. La Guardasigilli ha intenzione di affidarsi al testo messo a punto dalla Commissione di studio presieduta dal costituzionalista Massimo Luciani. Si tratta di riforme, come quella per l’elezione dei componenti togati del Csm, che “daranno ancora più potere alle correnti” hanno fatto sapere gli esponenti di centro destra in Commissione giustizia alla Camera, ad iniziare dal forzista Pierantonio Zanettin.
“Meglio non toccare nulla e lasciare le cose come stanno piuttosto che approvare una riforma del genere”, ha detto Zanettin. Purtroppo il futuro non sembra riservare nulla di buona. Con la beffa che il testo possa essere approvato a “scatola chiusa”, con il voto di fiducia, seguendo una prassi consolidata del governo Draghi. Ieri il vice presidente del Csm David Ermini è tornato sull’argomento. “Spero che il Parlamento approvi in tempi assolutamente celeri la riforma del Csm”, ha detto Ermini.