“Volete voi che sia abrogata la Legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: articolo 25, comma 3, limitatamente alle parole “unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell’articolo 23, né possono candidarsi a loro volta?”. Il quesito numero uno del referendum per una giustizia giusta propone la riforma del Consiglio Superiore della Magistratura (Csm).

Cosa vuol dire? Immaginate di dover affrontare un processo e che a giudicarvi e a decidere le sorti della vostra vita ci sia un magistrato che è stato scelto più che per le sue competenze, per il rigore morale, per la trasparenza e per i risultati professionali raggiunti, per il sostegno di una corrente che potremmo definire politica. Oggi è così che funziona il Consiglio Superiore della Magistratura, certo ora non si vuole dire che ogni membro del Csm occupi quella poltrona solo perché sostenuto dalle correnti interne alla magistratura, si vuole invece dire che si corre questo rischio e che i recenti fatti di cronaca lo rendono un rischio reale. Solo l’idea mette i brividi e dovrebbe rappresentare una valida motivazione per votare Sì al referendum per disporre di una giustizia, appunto, giusta e che guardi al merito più che alle opportunità. Il quesito referendario mira, dunque, ad abrogare il vincolo delle firme, contenuto nella legge 195 del 1958, in questo modo tutti i magistrati potrebbero candidarsi, senza dover sottostare al condizionamento delle correnti

Giuseppe De Angelis presidente del Consiglio di Disciplina del Distretto della Corte di Appello di Napoli e professore della Scuola di specializzazione per le professioni legali presso l’Università degli Studi di Salerno, analizza con Il Riformista il contenuto e l’importanza del primo quesito del referendum sulla giustizia: «Il Consiglio superiore della magistratura è l’organo di autogoverno dei magistrati e ne regola la carriera. Per due terzi è composto da magistrati eletti. Oggi su capacità e competenza prevale, invece, il sostegno delle correnti: con il sì al referendum se ne elimina il peso nella selezione delle candidature, indebolendo lo strapotere delle correnti e il condizionamento della politica sulla giustizia. Questo sistema basato sul “correntismo” deve essere riformato: la carriera di un magistrato deve basarsi esclusivamente sulle sue competenze e sui suoi meriti. Visti gli ultimi avvenimenti (Caso Palamara) la riforma del Csm restituirebbe credibilità alla magistratura».

Presidente, com’è articolato il Csm e con quali modalità oggi vengono scelti i suoi componenti?
«Il Csm è presieduto dal Presidente della Repubblica che è membro di diritto al pari del Presidente della Suprema Corte di Cassazione e del Procuratore Generale presso la stessa corte. Gli altri 24 componenti sono eletti per due terzi dai magistrati, scelti tra i magistrati, mentre il restante terzo viene eletto dal Parlamento in seduta comune. Un magistrato che voglia candidarsi a far parte del Csm deve raccogliere dalle 25 alle 50 firme e, pertanto, nei fatti deve avere il sostegno di una delle correnti. Questo si traduce in una magistratura composta da membri scelti non solo sulla base di una valutazione reale delle competenze, dei meriti e della carriera svolta fino al momento della candidatura al Csm, bensì sull’appartenenza a quella corrente che si impegna a sostenerlo».

Quale ruolo hanno le correnti?
«Sostanzialmente intervengono per favorire l’assegnazione di incarichi ai componenti del Csm, decidono trasferimenti e nuove destinazioni e si occupano dei procedimenti disciplinari dei magistrati. Si muovono spesso in un’ottica di promozione del gruppo e non sono certo utili per garantire giustizia ai cittadini».

Il “Sì” al referendum quali cambiamenti apporterebbe alla struttura del Consiglio superiore della magistratura?
«Se passasse il referendum, verrebbe abrogato l’obbligo per un magistrato che voglia essere eletto di trovare dalle 25 alle 50 firme per presentare la candidatura. Con il sì, quindi, si tornerebbe alla legge originale del 1958, che prevedeva che tutti i magistrati in servizio potessero proporsi come membri del Csm presentando semplicemente la propria candidatura. Avremmo così votazioni che mettono al centro il magistrato e le sue qualità personali e professionali, non gli interessi delle correnti o il loro orientamento politico. Inoltre il requisito dell’indipendenza della magistratura è stato gravemente vulnerato da una serie di episodi e appare all’opinione pubblica una giustizia scarsamente credibile per i criteri di elezione e per le regole progressive in carriera che spesso avvengono in maniera discutibile. Una forma di maggiore democrazia e trasparenza, una magistratura meno legata a logiche correntizie potrebbe restituire alla magistratura la credibilità che ha perso e di cui invece ha un disperato bisogno».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.