La riforma del Consiglio superiore della magistratura e dell’ordinamento giudiziario, la “terza gamba” delle riforme della giustizia, sta diventando il classico tormentone: dopo mesi e mesi di discussioni si è sempre al punto di partenza. La riunione in programma questa settimana a via Arenula fra i capigruppo di maggioranza in Commissione giustizia alla Camera e la ministra della Giustizia per fare il punto sul testo, relatori Walter Verini (Pd) ed Eugenio Saitta (M5s), è saltata per impegni sopravvenuti di alcuni parlamentari. La “terza gamba” delle riforme della giustizia avrebbe dovuto essere approvata da tempo. «La riforma del Csm è urgente. A sollecitarla è stato il presidente della Repubblica», non perde infatti occasione per ricordarlo la Guardasigilli.

Dopo lo scoppio del “Palamaragate”, a maggio del 2019, l’allora ministro della Giustizia Alfonso Bonafede presentò alle Camere un progetto di riforma che avrebbe messo fine allo strapotere dei gruppi della magistratura associata all’interno del Csm e alla lottizzazione delle nomine. La riforma, disse il Guardasigilli grillino, «non sarà punitiva» e dovrà «rilanciare il prestigio» del Csm, «depurandolo dal rischio di degenerazioni del correntismo e da possibili condizionamenti delle politica». Il sistema elettorale dei togati del Csm, affermò Bonafede, sarà affidato ad una norma specifica, essendo questo un tema su cui «il Parlamento deve avere totale centralità». Complice anche la pandemia, il progetto di Bonafede rimase nel cassetto per tutto il 2020. Con l’arrivo di Marta Cartabia il dossier è tornato d’attualità. «Un intervento sul sistema elettorale del Csm» non potrà «di per sé offrire una definitiva soluzione alle criticità che stanno interessando la magistratura italiana», aveva però precisato subito la ministra.

Fra i primi provvedimenti della Guardasigilli vi fu allora l’istituzione di una Commissione, presieduta dal decano dei costituzionalisti, il professore Massimo Luciani, per elaborare un progetto complessivo di riforma del Csm.
La commissione ha consegnato la relazione il 31 maggio scorso e la ministra si è riservata di depositare gli emendamenti. Il nuovo sistema elettorale, a pena di nullità del voto, è di tipo proporzionale e prevede la candidatura di singoli e non più di liste. Viene caratterizzato dal voto singolo “trasferibile” perché crea più collegi plurinominali in cui gli elettori indicano almeno tre candidati in ordine di preferenza. «Un sistema che si presta alla elaborazione di “cordate” e dunque a condizionamenti di voto, frutto di accordi correntizi», scrivono le toghe di destra di Magistratura indipendente che temono l’alleanza fra i gruppi di sinistra e i centristi di Unicost orfani di Luca Palamara.

Di diverso avviso, invece, i togati di Magistratura democratica che esprimono «apprezzamento per la proposta elaborata dalla Commissione Luciani», auspicando comunque che «si sviluppi un dibattito parlamentare che coinvolga nella riflessione anche la magistratura». Per Md vanno escluse soluzioni «fondate sul sorteggio e sulla base di modelli elettorali di stampo maggioritario». «Se questa è la riforma che dovrebbe togliere potere alle correnti, meglio non cambiare nulla per evitare di avere effetti assolutamente controproducenti: è una proposta irricevibile», il commento del capogruppo in Commissione giustizia alla Camera Pierantonio Zanettin (FI), grande fautore del sorteggio. «C’è da fare le corse adesso – prosegue Zanettin – e si rischia di arrivare fuori tempo massimo, visto che le elezioni per il nuovo Csm sono previste per il prossimo luglio».

La riforma dell’organo di autogoverno delle toghe è una legge delega. Quindi dopo la sua approvazione serviranno i decreti attuativi. «So per certo che sono stati già scelti in larga misura i componenti togati del futuro Csm», aggiunge poi sibillino il parlamentare azzurro. Per Palamara «la riforma più temuta in assoluto dall’Associazione nazionale magistrati era quella del sorteggio». E chissà se non aveva ragione.