L’intervista rilasciata da Catello Maresca al Riformista ha riacceso i riflettori sul un tema: quello del rientro in magistratura per quelle toghe che, per un periodo più o meno lungo, abbiano deciso di dedicarsi alla politica e alla pubblica amministrazione. Il pm («in aspettativa e senza assegni», come ha tenuto a precisare) punta ora a diventare sindaco di Napoli ed è pronto a fare opposizione nel caso in cui dovesse uscire sconfitto dalla tornata elettorale di ottobre. Sul suo futuro oltre la politica Maresca è stato altrettanto chiaro: «La toga è la mia seconda pelle, quindi mi piacerebbe tornare a fare il pm e magari arrestare il boss mafioso Matteo Messina Denaro».

Parole che pongono una questione di carattere giuridico, ma anche culturale: è giusto e opportuno che un magistrato, dopo essere stato impegnato in politica, torni in aula a giudicare o a sostenere la pubblica accusa? Chi e come può garantire che quello stesso magistrato, una volta abbandonata una carica elettiva e vestita nuovamente la toga, disponga dell’imparzialità, dell’indipendenza e anche della serenità indispensabili per prendere decisioni sulla libertà e sul patrimonio di altre persone che magari non hanno condiviso il suo impegno politico e la sua attività amministrativa? Non sarebbe il caso che un magistrato, una volta sceso in politica, si dimettesse anziché limitarsi a prendere l’aspettativa?

Su quest’ultimo punto, in particolare, si fronteggiano le opinioni di chi, come il giudice ed ex senatore Luigi Bobbio, non ha avuto alcuna esitazione nel tornare in aula al termine della sua esperienza da parlamentare prima e da sindaco di Castellammare poi, e quelle di chi, come lo storico del diritto Luigi Labruna, è da sempre contrario alle “porte girevoli” tra magistratura e politica. Sul tema, Governo e Parlamento sono al lavoro per trovare una soluzione equilibrata che metta fine al caos attuale. E fanno bene: in gioco c’è non solo la credibilità della magistratura, ma anche la vita e la libertà di chi è chiamato a confrontarsi con la giustizia.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.