Catello Maresca, Luigi de Magistris, Giuseppe Santalucia e Sergio Mattarella: eccoli i protagonisti dell’ennesimo cortocircuito di cui la magistratura è protagonista in una fase in cui la sua credibilità e autorevolezza sono già ai minimi storici. Al centro c’è ancora una volta il sostituto procuratore generale di Napoli che il centrodestra è pronto a candidare a sindaco della città. Mercoledì Maresca incontra i giovani a rischio nel quartiere Materdei e, a chi gli chiede come il Comune possa aiutare quei ragazzi, risponde che «si può fare di più».

Tutto normale se non fossero mesi che Maresca dialoga con esponenti di partiti e associazioni per valutare l’ipotesi di una sua candidatura alla guida della stessa città in cui ancora svolge le funzioni di pm. Un comportamento stigmatizzato dal sindaco in carica de Magistris che usa parole dure: «Non è indice di trasparenza fare per due o tre ore il magistrato e poi campagna elettorale. Il danno che Maresca sta provocando alla magistratura è forte e resterà scolpito». La polemica sull’atteggiamento del sostituto procuratore generale, che starebbe aspettando la comunicazione ufficiale della data delle elezioni per chiedere l’aspettativa, si scatena nello stesso giorno in cui i vertici dell’Anm incontrano il presidente della Repubblica Sergio Mattarella dicendo di avere «piena consapevolezza del momento di crisi che la magistratura sta attraversando e del pericolo che possa appannarsi la credibilità della funzione giudiziaria».

Sono gli stessi rischi che ampi settori di politica, magistratura e opinione pubblica intravedono nell’atteggiamento ambiguo di Maresca che, pur avendo ancora la toga sulle spalle, non smentisce le voci sulla sua possibile candidatura né l’endorsement ricevuto in tempi non sospetti da Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, lasciandosi andare di tanto in tanto a dichiarazioni come «sarò il candidato di tutti» o «il Comune può fare di più». Il paradosso nel paradosso, però, sta nel fatto che il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia ha parlato del pericolo di appannamento della credibilità della magistratura a Mattarella.

«Perché?», si chiederà qualcuno. Perché il capo dello Stato è anche presidente di quel Csm che ha ritenuto legittima la condotta di Maresca, di fatto garantedogli la possibilità di ricoprire nello stesso tempo il ruolo di pm e quello di candidato sindaco e così assestando un altro duro colpo alla già compromessa immagine delle toghe. Tutto questo succede perché il Parlamento non è stato in grado di approvare il disegno di legge sulla candidabilità dei magistrati, come denunciato dal Riformista, e perché, in una fase in cui molti lo danno come sfidante di Alessandra Clemente e Antonio Bassolino, un pm non avverte la necessità di fare chiarezza sui propri rapporti con la politica e sulle proprie ambizioni da sindaco.

Il risultato è una situazione di ambiguità che non giova alla magistratura, sull’imparzialità e indipendenza della quale il libro-intervista di Luca Palamara ha già gettato più di un’ombra, né ai napoletani, che mai come ora avrebbero bisogno di un dibattito trasparente e serio sul futuro della città. E questa situazione di ambiguità rischia addirittura di protrarsi, nel caso in cui le elezioni dovessero slittare dalla primavera all’autunno. Con buona pace di quanti confidano in istituzioni credibili e in magistrati indipendenti e imparziali non solo nella sostanza, ma anche all’apparenza.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.