Il “controllo“ della Procura di Reggio Emilia è l’ultimo, in ordine di tempo, terreno di scontro fra le forze politiche. Nel mirino, il procuratore Marco Mescolini, uno dei tanti magistrati che chattavano con lo zar delle nomine al Csm Luca Palamara. Dopo l’attacco dei Cinquestelle, la solidarietà del Pd, la richiesta di dimissioni da parte di Fratelli d’Italia, ecco arrivare ieri la maxi interrogazione firmata da tredici senatori di Forza Italia. Il promotore è stato Maurizio Gasparri.
«In questi questi giorni – si legge nell’interrogazione indirizzata al Guardasigilli – su molti quotidiani nazionali e locali, sono state pubblicate le chat tra Palamara e Mescolini relative al periodo (giugno/luglio 2018) in cui Palamara, membro del Csm, riesce a far promuovere Mescolini a capo della Procura di Reggio Emilia».
Il vertice della Procura di Reggio Emilia era vacante da giugno del 2017, allorquando era andato in pensione per raggiunti limiti d’età Giorgio Grandinetti. «Per oltre un anno fu rimandata la nomina del capo della Procura di Reggio Emilia anche a causa delle trattative per la designazione», proseguono i senatori forzisti, secondo i quali «il fatto appare ancor più grave in considerazione che proprio Reggio Emilia era l’epicentro degli interessi malavitosi del clan ‘ndranghetista contro il quale proprio il pm Marco Mescolini diresse le indagini sfociate nel processo “Aemilia“. Il lungo rinvio infatti coincise con la mancata nomina di altro magistrato candidato proveniente dalla Procura di Napoli con maggiori titoli». Il riferimento è ad Alfonso D’Avino, vicino a Cosimo Ferri.
I senatori azzurri citano, poi, un libro del 2019 scritto da Giovanni Paolo Bernini dal titolo “Storie di ordinaria ingiustizia” in cui «l’ex assessore di Parma poi indagato, processato e assolto dalle accuse (concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio politico mafioso) formulate, con grande risalto mediatico, dal pm Mescolini, denunciava gravissime anomalie nella conduzione delle indagini e poi della pubblica accusa nel maxi processo “Aemilia”.
Nel libro sono pubblicate molte intercettazioni telefoniche ed ambientali che coinvolgevano esponenti nazionali e locali del Pd, raccolte dall’Arma dei Carabinieri ma che non furono prese in considerazione dalle indagini della magistratura». In particolare, si legge, «molti amministratori locali e nazionali come l’ex sindaco di Reggio Emilia hanno avuto rapporti continuativi nel tempo con il clan di Cutro e le imprese del clan mafioso hanno lavorato per anni e anni sul territorio da loro governato». E poi «un altro sindaco di Reggio Emilia ha acquistato un immobile da persona che è risultata poi coinvolta nel maxi processo Aemilia».
I senatori ricordano che «Mescolini fu consulente del governo Prodi del 2006 in particolare fu capo ufficio del vice ministro dell’Economia sen. Roberto Pinza del Pd». «Perché a fronte delle intercettazioni telefoniche ed ambientali agli atti delle indagini in cui si parla di appalti pubblici, di voti, di richieste di favori, non siano stati emessi avvisi di garanzia o richieste di arresto nei confronti degli esponenti del Pd ma solo di esponenti del centrodestra peraltro con sentenze di assoluzione dei reati contestati», domandano quindi gli azzurri al ministro della Giustizia, chiedendo pure «se alla luce delle intercettazioni con Palamara e dei fatti esposti non si ritenga di avviare una azione disciplinare nei confronti di Mescolini il cui operato sta suscitando una ampia e pubblica critica, recando danno evidente alla reputazione della magistratura». Nella serata di ieri, infine, sono intervenuti Cgil, Cisl e Uil (Emilia Romagna e Reggio Emilia) con una nota congiunta di solidarietà a Mescolini: «È sconcertante registrare nel dibattito politico di questi giorni il tentativo di delegittimazione nei confronti del procuratore e di tutta la Procura di Reggio Emilia. In particolare, tale campagna di delegittimazione pare volersi estendere al modo nel quale sono stati condotti l’indagine Aemilia e i successivi processi».