Intervistato, l’altro giorno, da un’emittente francese, il rabbino capo di Francia, Haïm Korsia, ha dichiarato che a Gaza è in corso una guerra scatenata da Hamas. Incalzato dall’intervistatrice, che pretendeva da lui una manifestazione di condanna dei massacri perpetrati da Israele, Korsia è rimasto sulla posizione ricordando ciò che sistematicamente si dimentica: vale a dire il pogrom del Sabato Nero, l’uccisione di 1200 inermi, il rapimento di centinaia di altri, il rifiuto dei terroristi di rilasciarne i superstiti e di cedere le armi per una soluzione del conflitto.

Quella del rabbino capo di Francia è un’opinione, legittima e discutibile come qualsiasi opinione. Ma non la pensava in questo modo quell’intervistatrice molesta, che reclamava una requisitoria anti-israeliana da parte del capo dell’ebraismo francese. E non la pensa così un certo Aymeric Caron, un esuberante attivista recentemente affiliato alla sinistra antisemita adunata sotto le insegne di La France insoumise. Facendo appello a non so più quale norma dell’ordinamento francese, infatti, il signore in questione ha creduto bene di richiedere che Haïm Korsia sia affidato alle cure di giustizia per aver fatto “pubblicamente apologia dei crimini di guerra a Gaza”. L’ha denunciato, insomma, perché non ha detto che Israele sta facendo un genocidio.

Vale la pena di parlarne non tanto perché il caso illustra un’altra volta ciò che viene dai lombi di quella schiatta politica (si tratta pur sempre della cerchia di Jean-Luc Mélenchon, che condivideva il palco del comizio con la filo-terrorista Rima Hassan, quella degli israeliani che addestrano i cani allo stupro dei palestinesi). No, semmai vale la pena di parlarne perché il caso denuncia un andazzo generale, di cui più volte e diffusamente abbiamo visto gli abbondanti segni. Ed è questo: la richiesta che “l’ebreo”, in quanto tale, sia chiamato a deplorare e possibilmente ripudiare lo Stato ebraico denunciandone le propensioni usurpatrici e le pratiche criminali.

Se non lo fa, è complice “in quanto ebreo” di quelle presunte attitudini e attività delittuose. Non era diverso quando si pretendeva che l’ebreo denunciasse la propria appartenenza alla razza responsabile del deicidio: una cosa per cui non occorreva andare indietro di chissà quanto se è vero, come è vero, che poteva capitare a una bambina di dieci anni, qui in Italia, sulla fine degli anni ‘50 del secolo scorso, di sentirsi dire dai compagni di classe che aveva ucciso Gesù. Nell’Europa che fu della Shoah la giustizia è istigata a condannare l’ebreo che non fa volantinaggio delle veline di Hamas.