Vi dico cosa fu il decreto Biondi: una norma approvata dal governo il 13 luglio del 1994 per ridurre l’uso spavaldo e incontrollato della carcerazione preventiva. Il decreto Biondi (prendeva il nome dal ministro della Giustizia, il liberale Alfredo Biondi) prevedeva che ci si attenesse rigorosamente a delle regole, anche perché in quel periodo spesso venivano realizzate vere e proprie retate di politici che poi venivano scarcerati solo se confessavano e accusavano dei colleghi. E in quel modo si violava sia la Costituzione, sia tutti i principi contenuti nella dichiarazione dei diritti dell’uomo.

Il decreto Biondi, che avrebbe almeno in parte civilizzato la nostra giustizia, fu sommerso dalle proteste del partito dei Pm (si: esisteva anche allora) sostenuto dai partiti di centrosinistra e dall’associazione “giornali democratici”, che all’epoca lavorava a “direzione unificata” (i direttori dei principali giornali si consulta-vano tutte le sere e concordavano editoriali e prime pagine).

Il decreto Biondi morì, e anche un pezzettino della nostra civiltà di Paese sempre meno di Beccaria. Berlusconi lo abbandonò. Travaglio auspica che avvenga qualcosa del genere, oggi, per la Costituzione. Non lo dice esplicitamente ma immagino che lo pensi: andrebbe abolita. Chissà che giudizio danno su queste cose i grandi giuristi. Chessò, Zagrebelsky, o Smuraglia, che pure furono molto attivi per impedire la riforma del Senato. Non li si sente più in giro. Possibile che non siano preoccupati per niente dell’ipotesi che si cancelli il lavoro dei padri costituenti? Stanno riposando? Sveglia, amici, è mezzogiorno, e siamo di fronte a un fenomeno politico che magari voi non volete che si chiami fascismo, però gli assomiglia molto, e comunque è un fenomeno con una pulsione inarrestabile alla tirannia e all’autoritarismo.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.