Si parla poco o nulla della recentissima riforma della magistratura onoraria, e si capisce anche perché. Il tema non appassiona, venendo percepito solo nei suoi aspetti para-sindacali, cioè di sistemazione stipendiale e pensionistica di un esercito di magistrati onorari da decenni in servizio permanente effettivo. La riforma stabilizza questa oramai insostenibile condizione di precariato, di fatto equiparando quei magistrati onorari di lungo servizio a quelli di ruolo. Per il futuro, invece, accentua la natura occasionale e temporalmente limitata dei nuovi ingressi, che potranno svolgere la funzione come secondo lavoro, comunque senza alcuna possibile, futura pretesa di stabilizzazione.

Il reclutamento laterale

Senonché, dietro queste tematiche aridamente sindacali si nasconde una realtà ben più problematica, la quale ci racconta che una larghissima parte della giurisdizione (civile ma soprattutto penale) è affidata a magistrati onorari, cioè a magistrati non di carriera, che giungono ad esercitare quella delicatissima funzione senza un concorso e senza il connesso, severo percorso formativo proprio della magistratura ordinaria. Un reclutamento laterale da altre professioni, niente affatto limitato a vicende bagatellari. Questo può infatti valere per la competenza dei giudici di pace, che obiettivamente sono titolari di una giurisdizione minore quanto a rilevanza delle controversie che ne sono oggetto; ma non per la magistratura onoraria impegnata nei Tribunali.

La doppia giurisdizione

I vice-Procuratori Onorari ormai sostengono in modo pressoché esclusivo l’accusa in tutti i giudizi dibattimentali per reati di competenza del giudice monocratico; dunque, reati spesso di media o anche elevata gravità (omicidi colposi, estorsioni, truffe e molto altro); e lo stesso vale, sebbene in percentuale più ridotta ma comunque assai significativa, per le funzioni assolte dai Giudici onorari, sia (in prevalenza) in sede monocratica, sia come componenti di Collegio.
Insomma, esiste davvero una doppia giurisdizione, l’una ordinaria, l’altra onoraria, rispetto alla quale ultima si pongono, come è ovvio che sia e nulla togliendo all’impegno ed alla professionalità profusa quotidianamente da quei magistrati non di carriera, ovvie problematiche di qualità tecnica e, soprattutto, di indipendenza del giudizio.

Il PM onorario esercita una delega, non essendo tuttavia chiaro quali siano i limiti di autonomia ed indipendenza valutativa in capo a chi segue la formazione della prova in aula, rispetto al PM formalmente titolare ma sostanzialmente estraneo al processo. Né può ignorarsi l’effetto distorsivo che si viene a determinare, soprattutto in processi di particolare delicatezza, e che noi avvocati constatiamo quotidianamente: e cioè quello del giudice (soprattutto quando è togato) che supplisce alle carenze (e spesso agli errori) del PM onorario, così smarrendo la propria terzietà.

Come cambia la sorte dei cittadini

Nondimeno, è lecito interrogarsi sulla qualità tecnica del giudice onorario, e soprattutto sulla sua autentica capacità di mantenersi indipendente rispetto alla naturale forza della prospettazione accusatoria formalizzata da un capo di imputazione che, a conclusione delle indagini, porta la firma e l’autorevolezza di un PM togato e dell’ufficio di Procura.
Temi complessi, come potete vedere. Occorre si sappia che quotidianamente nel nostro Paese viene esercitata, nelle aule di giustizia, una doppia giurisdizione, con i connessi, delicatissimi problemi che ne derivano; e che dunque la sorte dei diritti dei cittadini, imputati ma anche parti offese in quei processi affidati alla giurisdizione onoraria, inevitabilmente non è la stessa, in termini di competenza tecnica e di indipendenza del giudizio. Mentre cresce il ruolo ed il peso del nuovo “Ufficio del processo”, anche esso ovviamente composto da personale estraneo alla Magistratura ordinaria. Questioni meritevoli di ben altra attenzione di quella ad esse normalmente dedicata. Buona lettura.

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Avvocato