«Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!… Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell’Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell’assoluto, poiché abbiamo già creata l’eterna velocità onnipresente».

Nel 1909, sulle pagine de Le Figaro, Filippo Tommaso Marinetti indicò la destinazione di una Italia che, sulle ali dell’entusiasmo del nuovo secolo, avrebbe dovuto lasciarsi alle spalle le proprie radici rurali, per proiettarsi verso un diverso universo, una realtà consacrata alla velocità, all’acciaio, all’industria e alla meccanica.
Il movimento futurista, nonostante le sue implicazioni e commistioni con il Ventennio fascista, ha influenzato le successive avanguardie nazionali ed europee, affascinate da quella volontà di rottura, di conquista dell’inafferrabile che caratterizzò i principali esponenti della cultura futurista, ovvero: il già citato Filippo Tommaso Marinetti; Umberto Boccioni; Carlo Carrà; Luigi Russolo; Antonio Sant’Elia, Giacomo Balla e Gino Severini.

In onore dell’ottantesimo anniversario della morte di Marinetti, dipartita che avvenne successivamente alla sua avventurosa sortita nella campagna di Russia, il Ministero della Cultura ha promosso una mostra in onore del genio futurista. Presso la Galleria Nazionale di Arte Moderna, tempio dell’arte d’avanguardia italiana, la mostra, curata dallo storico dell’arte Gabriele Simongini, conduce i visitatori lungo il tortuoso itinerario futurista, tra sogni traslucenti e parole in libertà.

La mostra, composta di circa 350 opere esposte, si apre con l’installazione dell’artista e pubblicitario Lorenzo Marini il quale, attraverso una pioggia di lettere futuriste, immerge il visitatore in questa galassia di voci squillanti, immagini caleidoscopiche e roboanti rappresentazioni di velocità e dinamismo. Sintesi del pensiero del primo futurismo è, senza dubbio, una delle opere principali della mostra: “Lampada ad arco” di Giacomo Balla. Un’opera che, fedele al manifesto «Uccidiamo il chiaro di luna», sussume il pensiero futurista ed esplicita visivamente la nuova energia dell’ingegno umano che riesce a sovrastare non solo la natura in sé, ma anche il sentimentalismo e le venature poetiche che contraddistinsero la letteratura e l’arte italiana ed europea fino a quel momento.

Aspetto peculiare dell’itinerario proposto da Simongini è, fuor di dubbio, la connessione sottesa tra la corrente futurista e le scoperte di Guglielmo Marconi che, proprio nei primi anni del Novecento, diede vita alla rivoluzione delle radiocomunicazioni. Infatti, seguendo lo zeitgeist dei primi anni del Novecento, l’invenzione di Marconi è stata un elemento fondamentale nell’evoluzione del movimento futurista, tanto da indurre Marinetti e Masnata a pubblicare nel 1933 sulla Gazzetta del Popolo il “Manifesto della Radia”. Un manifesto che esaltò l’innovazione e la rivoluzione di cui la radio fu foriera. Un mezzo che, abolendo la tradizione, sarebbe stata «immensificazione dello spazio. Non più visibile né incorniciabile la scena diventa universale e cosmica».

Nell’attuale era del progresso tecnologico, di cui non si conoscono ancora né limiti né confini, torna oggi prepotentemente d’attualità il genio futurista che cercò, scommettendo sul domani, di costruire un mondo nuovo, una realtà utopicamente distopica.

Lorenzo Della Corte

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