Gennaro
Il vittimismo ontologico dei napoletani è sparito: ora la città comunica orgoglio

Ho sempre mal sopportato il lamentio complottistico napoletano, una sorta di vittimismo ontologico connaturato in una fascia ampia di popolazione che, per principio, si sente defraudata e offesa dal resto d’Italia. “Ce l’hanno con noi”, “non ci fanno emergere”, “non ci aiutano”. Che poi, tutto sommato, non è altro che una sorta di proiezione esterna, una panacea giustificativa per non fare i conti con le proprie responsabilità sull’andazzo mediocre della città. Negli ultimi anni, però, si avverte, si respira, un cambio di paradigma. “Ce la possiamo fare”, “se ci impegniamo ci riusciamo”. Una sorta di ribaltamento dal super-io frustrante all’io capace, se volessimo trovare una lettura psicoanalitica. Frutto di tanti fattori che da apparente contingenza sono diventati strutturali.
Gli scudetti mandano gli stereotipi in frantumi
Innanzitutto dal vertice. Napoli ha un sindaco che sa fare il sindaco, e lo fa in maniera british: studia, agisce e risolve. Comunica quando è necessario, con toni pacati e mai polemici. Questo atteggiamento diventa rassicurante per una città abituata o all’assenza di riferimenti o a populismi inconsistenti. In secondo luogo dalle conferme esterne. Paradossalmente il resto d’Italia (e del mondo) che tanto pensavamo ci penalizzasse, ha scoperto che Napoli è bella e accessibile. Chi la visita comunica, amplificandola, la veracità e l’unicità del posto. E poi dalle gioie collettive. Gli scudetti calcistici ravvicinati sono un esempio, uno choc positivo che dà l’idea della possibilità che riuscire in un’impresa non è più un caso isolato. E così gli stereotipi sono andati in frantumi: Napoli è attrattiva, a Napoli le cose possono funzionare, a Napoli si possono costruire successi. Questa nuova consapevolezza fa la differenza.
Orgoglio e gioia
Lo si nota girando per la città. Lo si nota da come si parla di Napoli sui media (e da come, assafà, se qualcuno prova a ributtare giù la città nel ghetto dei pregiudizi ignoranti, venga zittito senza appello). Lo si nota da come si parla di Napoli sui social: l’emozione più frequente espressa dai napoletani è l’orgoglio (24%), quella espressa dai turisti è la gioia (18%). Poi – sia chiaro – c’è ancora tantissimo da fare per migliorare la vivibilità quotidiana e risolvere problemi che la città si porta dietro da decenni. Ma finalmente la strada intrapresa è quella giusta.
Aspettando l’America’s Cup
Ora c’è da mantenere la barra dritta sugli obiettivi e andare sull’execution. Le regate dell’America’s Cup del 2027 possono essere il punto di arrivo di una città che si può presentare al mondo nel suo abito migliore, finalmente matura e libera.
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