«Credo sia giunto finalmente il momento di dare una risposta ai tanti cittadini che chiedono una giustizia efficiente e, soprattutto, giusta», afferma Luca Palamara, ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati ed ex potente componente del Consiglio superiore della magistratura, presentando ieri nella sede del Partito Radicale a Roma la propria candidatura alle prossime elezioni suppletive per il collegio uninominale Lazio 1.

Dottor Palamara, non per voler usare una frase inflazionata, ma ha veramente deciso di scendere in campo?
Si. Ho deciso di candidarmi. Con una mia lista. Ho anche registrato il logo (Un tondo con all’interno la dea della giustizia bendata, il tricolore nazionale, e la scritta PALAMARA, ndr).

Che cosa l’ha convinta?
Guardi, è discorso che parte da lontano, da quando la Sezione disciplinare del Csm lo scorso ottobre pronunciò la sentenza che disponeva la mia rimozione dall’ordine giudiziario. In quel momento ho capito che era necessaria una operazione verità.

Sul funzionamento della giustizia in Italia?
Anche.

La pubblicazione del libro-intervista con il direttore di Libero Alessandro Sallusti, un successo editoriale senza precedenti, rientra in questa sua “operazione verità”?
È stata la prima parte del percorso. Che ora prosegue con la candidatura al Parlamento.

A dire il vero in molti, soprattutto fra i suoi colleghi, hanno visto dietro la pubblicazione del libro la sua voglia di vendetta…
Non è vero. Non mi sono voluto vendicare di alcunché. Ho solo raccontato delle storie di cui sono stato protagonista. Poi lascio al lettore le valutazioni del caso.

Ammetterà, però, che la sua candidatura sarà molto criticata?
Io sono un cittadino libero. E ho solo voglia di rilanciare il mio impegno per una giustizia giusta.

Una candidatura di servizio?
Diciamo che mi candido per raccontare il funzionamento interno del sistema giudiziario. Anzi, voglio aggiungere una cosa.

Prego.
Sa quanta gente mi ferma per strada e mi racconta dei problemi che ha avuto avendo a che fare con i tribunali? Tantissimi. È evidente che qualcosa non funziona.

Ha già pensato a possibili alleanze?
No. E voglio dire fin da subito che non ho alcun tipo di preclusione. Sono aperto al confronto con tutti.

Chi dovrebbe votarla?
Come ho detto, mi sento di raccogliere le istanze del territorio. In prima battuta di coloro che chiedono, come detto, una giustizia efficiente. Sono per una rinnovata cultura della legalità.

Ieri la Cassazione ha confermato la sua rimozione. Come si sente?
Questa mattina ho riposto la mia toga e quella di mio padre (Rocco, ex magistrato, scomparso nel 1990, ndr) in armadio. Spero solo momentaneamente.

Pensava ad un esito diverso? Ad un annullamento del provvedimento della disciplinare?
Ho rispetto delle sentenze. Ma questa non la condivido. Questa è una sentenza ingiusta. E poi ci sono molte cose che non tornano.

Ad esempio?
C’è stato un tempismo perfetto. La mattina il Csm sconfessava il procuratore di Milano Francesco Greco, la sua vice Laura Pedio, ed il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi che avevano chiesto l’allontanamento del pm Paolo Storari. E la sera la Cassazione depositava la sentenza nei miei confronti. Come ho avuto modo di dire, una ciambella di salvataggio per Salvi.

I giudici di piazza Cavour per confermare la sua rimozione hanno scritto quasi duecento pagine.
Le pare possibile tutte queste pagine per una cena? E poi, visto che si discute della cena all’hotel Champagne, perché non si fa luce sulla cena con cui è stata decisa la nomina dell’attuale vice presidente del Csm David Ermini? Non vedo molte differenze. E comunque mi auguro che questa sentenza non serva per fare carriera.

Si riferisce al magistrato che l’ha scritta?
Di solito le sentenze di questo genere vengono inserite nel fascicolo personale e si utilizzano quando si fa domanda per un incarico….

Oltre a presentare la sua candidatura, ha deciso di firmare i referendum sulla giustizia proposti dal Partito Radicale e dalla Lega. Tutti firmati tranne uno: quello sulla responsabilità dei magistrati. Perché?
Premesso che sono convinto che i referendum siano uno snodo fondamentale, non ho firmato quello sulla responsabilità diretta dei magistrati perché non dobbiamo ritrovarci con una magistratura “difensiva”. Il tema è molto delicato e serve un approfondimento.

Torniamo al suo processo, durato poco più di un mese. Lei continua a ripetere che molte cose non tornano.
Si. Tante cose.

Ne dica solo una.
Il 23 maggio del 2019 in Commissione incarichi direttivi il dottor Piercamillo Davigo aveva votato il procuratore generale di Firenze Marcello Viola per il posto di procuratore di Roma. Poi cambiò idea e votò per l’aggiunto Michele Prestipino che all’epoca non era stato preso in considerazione. Come mai? Cosa era successo? Davigo, poi, è stato il componente della sezione disciplinare che ha deciso la mia rimozione della magistratura. Immediatamente dopo la sentenza è stato pensionato. Bisogna fare quanto prima luce su questi passaggi.