Imprenditore edile, originario di Salsomaggiore, nel parmense, Marco Granelli ha nel dna il pragmatismo tipico degli uomini d’impresa emiliani e la sensibilità di chi da tempo è impegnato nella rappresentanza. Alla guida di Confartigianato nazionale dal 2020, a nome di oltre 700mila imprese, a “Il Riformista” accende i riflettori su un’emergenza tutta italiana: “Il lavoro c’è, ma mancano i lavoratori”.

Presidente Granelli, molte imprese (non più solo stagionali) affermano di non riuscire a trovare personale. Cosa sta succedendo?
«La difficoltà a reperire personale sta diventando una vera e propria emergenza. Lo scorso anno le piccole imprese hanno avuto problemi a trovare 1,4 milioni di lavoratori, pari al 42,7% delle assunzioni previste. Nel frattempo, circa 1,7 milioni di giovani tra 15 e 29 anni, non studia, non lavora, non si forma. Insomma, il lavoro c’è, mancano i lavoratori: questo è il paradosso del mercato del lavoro. E riguarda tutti i profili professionali: da quelli hi tech e digitali fino alle mansioni più tradizionali».

È ipotizzabile una soluzione nel medio periodo? Il dibattito politico sembra concertato su altro…
«Più che a una legge sul salario minimo bisognerebbe dedicarsi con urgenza a creare lavoro di qualità. C’è molto da migliorare nel rapporto tra mondo della scuola e del lavoro. A cominciare dalla formazione e qualificazione del personale, con una riforma del sistema di orientamento scolastico che rilanci gli Istituti Professionali e gli Istituti Tecnici, investa sulle competenze a cominciare da quelle digitali e punti sull’alternanza scuola lavoro e sull’apprendistato duale e professionalizzante. Bisogna insegnare ai giovani che nell’impresa ci sono opportunità, adeguatamente retribuite, per realizzare il proprio talento, le proprie ambizioni, per costruirsi il futuro».

È evidente la vostra contrarietà al salario minimo legale…
«Noi siamo per il lavoro di qualità, per il lavoro di cittadinanza. Diciamo no al salario minimo imposto dalla legge perché è la contrattazione collettiva che riconosce dignità al lavoro. Non solo attraverso un salario adeguato, ma anche con una rete di tutele e protezioni: diritti sindacali, ammortizzatori sociali, sanità integrativa, prestazioni erogate in base agli accordi con i Sindacati, una disciplina più favorevole in materia di permessi, orario di lavoro, malattia, ecc. Il tema vero da affrontare è garantire che i contratti nazionali sottoscritti dalle organizzazioni maggiormente rappresentative siano valorizzati ed effettivamente e integralmente applicati».

Dunque cosa fare per assicurare stipendi più alti senza gravare sulle imprese?
«Quello che bisogna fare con urgenza è la riduzione del cuneo fiscale e contributivo sul lavoro, abbattendo così la forbice fra lo stipendio lordo e netto in busta paga, per garantire più soldi nelle tasche dei dipendenti a fine mese. Non tocca a noi individuare le strade per finanziare questi interventi. Ma, di sicuro, ritengo sia un aspetto prioritario sul quale il Governo deve concentrare l’impegno per reperire le risorse necessarie».

Il governo ha annunciato un “Patto anti inflazione” per contrastare l’aumento dei prezzi. In cosa dovrebbe sostanziarsi per voi?
«Abbiamo valutato positivamente la valorizzazione del dialogo con le Organizzazioni imprenditoriali e l’azione concordata di moral suasion messa in campo dal Governo, quale efficace strumento per la gestione dell’andamento del mercato. Siamo pienamente disponibili al confronto e al coinvolgimento per quanto riguarda le imprese rappresentate nei settori dell’alimentazione e dei servizi alle persone e alla comunità».

Dopo l’approvazione della delega fiscale, quali priorità indicate sul fisco?
«Si può avviare, concretamente, il percorso per giungere ad un fisco più semplice, orientato alla crescita e a misura di piccole imprese. Ci aspettiamo che i decreti attuativi siano sostenuti da adeguate risorse per realizzare la tanto attesa riduzione della pressione fiscale, che in Italia è tra le più elevate d’Europa, e quindi garantire una maggior competitività al sistema Paese».

Sul Pnrr si sono addensate molte nubi: che impatto avrà sul sistema delle Pmi?
«Il coinvolgimento degli imprenditori è una delle condizioni indispensabili per l’attuazione del Piano, insieme con l’efficienza nella sua gestione da parte della Pa. Serve proprio un cambio di passo per superare ostacoli e lentezze da eccessiva burocrazia che hanno rallentato l’attuazione del Pnrr. I correttivi e le revisioni devono però lasciare inalterate due direttrici per noi fondamentali: l’attenzione alla transizione digitale e a quella energetica e il potenziamento della capacità e delle relative risorse per la Pa».

L’edilizia, che molto ha beneficiato del Superbonus 110%, ha ancora bisogno di incentivi?
«L’efficientamento energetico del patrimonio immobiliare è una grande opportunità per il Paese, ma il sistema degli incentivi nell’edilizia va ripensato con una strategia strutturale di medio-lungo termine che scandisca l’impiego di risorse pubbliche aggiuntive rispetto alle dotazioni del Pnrr e di REPowerUE. Va quindi prevista una programmazione pluriennale di 20-30 anni, sostenibile nell’ambito del bilancio dello Stato, degli incentivi eco/sisma bonus, in funzione degli obiettivi di decarbonizzazione, efficientamento e messa in sicurezza degli edifici. L’intensità di aiuto andrà legata alla dotazione annua di risorse a sostegno degli incentivi e le misure ammesse dovranno essere riferite al conseguimento di specifici obiettivi di efficientamento e messa in sicurezza».