Sette anni di carcere per Andrea Persi, il 46enne ex agente di polizia che il 24 agosto dello scorso anno ha ucciso Simone Sperduti, in sella al suo scooter mentre percorreva via Prenestina a Roma.

È questa la sentenza emessa dal gup del tribunale di Roma nell’ambito del processo con rito abbreviato nei confronti dell’ex agente: per l’ex poliziotto è stata anche disposta l’interdizione dai pubblici uffici, l’interdizione legale, la revoca della patente e una provvisionale di 150mila euro da versare alle parti civili (50mila ciascuno per la madre, il padre e la sorella della vittima).

Una pena leggermente inferiore a quella richiesta dal pubblico ministero Paola Condemi, che aveva chiesto 8 anni di reclusione per l’imputato.

Una “sentenza equilibrata” per l’avvocato Paolo Palleschi, legale della parte civile. “Nessuna pena e nessun risarcimento potrà mai restituire il figlio alla famiglia Sperduti – ha affermato invece Paola Strippoli, che assiste Andrea Persi -. Stiamo cercando di intraprendere un percorso con Andrea, che lo porterà ad accedere a una comunità terapeutica e spirituale, pagherà il suo debito con la giustizia ma non con la sua coscienza“.

Portato in tribunale dal carcere romano di Regina Coeli, dove è già detenuto, Persi rispondeva di omicidio stradale aggravato dalla guida in stato di ebbrezza ed in stato di alterazione psicofisica per l’assunzione di sostanze stupefacenti.

L’incidente costato la vita al 20enne Simone Sperduti avvenne all’alba del 24 agosto: l’ex poliziotto era alla guida di una Opel Meriva e percorreva via Prenestina dove, senza dare la precedenza, svoltò a sinistra all’altezza della rampa di intersezione con il Grande Raccordo Anulare impattando contro lo scooter su cui viaggiava Sperduti, che morì sul colpo.

Persi durante le indagini aveva anche scritto una lettera ai genitori di Simone: “Mi inginocchierei ai piedi per chiedervi perdono. Ho paura, so che voi ne avete più di me. Ho sbagliato, cavolo ho sbagliato. Avrei voluto morire io. Dovevo morire io. Vi chiedo perdono”, scriveva nella missiva.

Niente vi ridarà più vostro figlio, ma io farò qualsiasi cosa possa aiutarvi. Vi chiedo perdono, e a Dio. Avrei dovuto morire io. Ho il cuore in pezzi, ma so che è nulla rispetto a quello che state provando voi. Odiarmi è il minimo”, era la lettera inviata alla famiglia Sperduti.

Redazione

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