In Libano sono ore di attesa. L’ansia delle persone in fuga dal sud (90mila sfollati negli ultimi giorni di raid secondo l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni) si unisce ai lanci di razzi e ai missili di Hezbollah su Israele. Non ultimo, quello che ieri mattina è stato diretto su Tel Aviv. Intercettato e distrutto ma comunque il segno che i combattenti sciiti possono puntare al cuore dello Stato ebraico. E i jet delle Israel defense forces hanno continuato a martellare senza sosta, distruggendo ogni edificio ritenuto un deposito di armi o di carburante utile al Partito di Dio. I morti aumentano ogni giorno: solo ieri ne sono stati registrati più di 50, mentre i feriti hanno superato i 220. E la situazione appare sempre più vicina al punto di rottura, e cioè all’invasione del Libano da parte delle forze armate israeliane.

Israele: far ritornare i residenti nel nord

I segnali sono molti. L’Idf ha spostato alcune truppe di riservisti dalla Striscia di Gaza e ha annunciato il richiamo di due brigate da schierare proprio nella parte settentrionale del paese, quella che confina con il Libano. Una scelta che “consentirà di portare avanti lo sforzo bellico contro l’organizzazione terroristica Hezbollah, la protezione dei cittadini dello Stato di Israele e la creazione delle condizioni per un ritorno sicuro dei residenti del nord nelle loro case”, hanno detto i comandi delle Tsahal. E ieri il capo di Stato maggiore dell’Idf, Herzi Halevi, alle truppe della 7a Brigata corazzata, impegnate in un’esercitazione che simulava l’invasione del paese dei cedri, lo ha detto in modo esplicito.

Il discorso prima della battaglia via terra

“I vostri stivali militari entreranno nel territorio nemico, entreranno nei villaggi che Hezbollah ha preparato come grandi avamposti militari, con infrastrutture sotterranee, punti di sosta e rampe di lancio nel nostro territorio da cui Hezbollah intende effettuare attacchi contro i civili israeliani – ha affermato Halevi – Il vostro ingresso in quelle aree con la forza, il vostro incontro con gli operativi di Hezbollah, mostreranno loro cosa significa affrontare una forza professionale, altamente qualificata ed esperta in battaglia”.

L’inutilità della diplomazia

Avvertimenti chiari, che rappresentano forse l’ultimo indizio di una manovra terrestre che per molti esperti è rimasta nell’aria per troppo tempo. “Entrerete, distruggerete il nemico lì e distruggerete in modo decisivo la loro infrastruttura. Queste sono le cose che ci consentiranno di far tornare in sicurezza i residenti del nord”, ha concluso Halevi. E sono dichiarazioni giunte mentre la macchina della diplomazia si è attivata in qualsiasi modo per evitare una guerra su vasta scala che viene considerata da tutti, funzionari e anche esperti, un incendio estremamente difficile da gestire e capace di bruciare l’intero Medio Oriente.

La guerra ‘ombra’ tra Israele e Iran

La sfida dei partner di Israele e del Libano è difficilissima. Gli Stati Uniti hanno messo in moto ancora una volta tutta la loro amministrazione per cercare di convincere Benjamin Netanyahu a desistere. Ieri il Times of Israel faceva riferimento a un cessate il fuoco promosso da Usa e Francia. Una soluzione che sarebbe legata anche alla cessazione delle ostilità nella Striscia di Gaza. L’indiscrezione era stata lanciata anche da uno dei giornalisti più esperti del conflitto, Barak Ravid di Axios e Walla. E in questa fase sono aperti tutti i canali diplomatici, non solo quelli con Israele, ma anche quelli secondari (indispensabili) con Hezbollah. Per raggiungere il leader della milizia sciita, Hassan Nasrallah, l’amministrazione Biden e il governo francese hanno due opzioni formali: passare per il governo di Beirut e per quello iraniano. Ma dal momento che è a Tehran che sono decise le sorti del Partito di Dio, tutti gli osservatori concordano che in questo momento la questione è soprattutto tra Israele e Iran. Come del resto avviene da anni in questa complessa guerra (per molti ancora “ombra”) tra le due potenze del Medio Oriente.

Una guerra su vasta scala

Una guerra su vasta scala, in questo momento, non è uno scenario che piace a molti. Non la vuole il Partito di Dio, che sa di potere perdere e di perdere anche consensi interni trascinando il Libano in un conflitto che non vuole. Non la vogliono gli Stati Uniti, specialmente con una campagna elettorale in corso per la Casa Bianca e con Joe Biden che ha avvertito del pericolo di una “guerra totale”. Non la vuole l’Iran, che da tempo sogna un negoziato sotterraneo con l’Occidente per alleggerire le sanzioni e perseguire nel nucleare. E anche se in Israele c’è un ampio consenso politico sull’opzione militare per mettere in sicurezza il nord e far tornare a casa migliaia di sfollati, sono in molti ad avvertire del rischio di questo conflitto.

L’obiettivo di Hezbollah

L’operazione contro Hamas non è ancora conclusa. E diversi esperti hanno ricordato il pericolo di un’invasione del Libano. Il precedente del 2006 fa ancora paura ed Hezbollah ha un enorme arsenale di razzi, droni e missili anticarro. E come ha scritto il Wall Street Journal, il Partito di Dio ha da tempo accelerato i preparativi, espandendo la sua rete di tunnel nel Libano meridionale, riposizionando i suoi avamposti e acquisendo più armi. L’obiettivo di Hezbollah sarebbe solo uno: paralizzare l’Idf in un pantano. E se ce l’ha fatta Hamas nella Striscia di Gaza per quasi un anno, non è da escludere che gli sciiti libanesi siano capaci di fare altrettanto. Con una differenza: le forze di Hezbollah non solo conoscono perfettamente il loro territorio, come del resto anche Hamas conosceva Gaza, ma sono anche molto più addestrate ed equipaggiate.