Tregua
Israele, tregua in 48 ore. 125 palestinesi condannati all’ergastolo pronti ad essere liberati
Una fonte istituzionale di Gerusalemme al Riformista: “Il governo è determinato, le speranze di un accordo? Al 70%”. Witkoff ottimista ma Hamas non risponde

Israele guarda alla pace. Un cessate il fuoco potrebbe essere imminente. Nella riunione di ieri pomeriggio del gabinetto di sicurezza israeliano è stata presa in esame la nuova proposta dell’inviato della Casa Bianca per il Medio Oriente, Steve Witkoff, per una tregua nella Striscia di Gaza. Una fonte autorevole dello Stato ebraico, sentita dal Riformista, ci dice che «le speranze di arrivare rapidamente a una tregue sono forti», arrivando a quantificare nel 70% le chance che si arrivi a un accordo nelle prossime 48 ore.
Lo scenario
In serata, un balletto di dichiarazioni tra wishful thinking e smentite chiarisce che il governo Netanyahu è deciso a firmare per la tregua, Hamas no. Il piano di Witkoff prevede il rilascio di dieci ostaggi ancora vivi nelle mani di Hamas, la restituzione dei corpi di 18 ostaggi deceduti e un cessate il fuoco di 60 giorni. Secondo quanto riferiscono fonti israeliane, lo Stato ebraico libererà 125 prigionieri palestinesi condannati all’ergastolo e altri 1.111 prigionieri di Gaza e restituirà 180 corpi di palestinesi deceduti. Israele aveva già ufficialmente adottato la proposta all’inizio di marzo 2025, accettando un cessate il fuoco temporaneo durante il periodo del Ramadan e della Pasqua ebraica.
Il piano
Il piano, nella sua stesura originaria, prevedeva la liberazione di metà degli ostaggi (vivi e deceduti) il primo giorno della tregua, con la liberazione dei restanti al termine dei 50 giorni, a condizione che si raggiungesse un accordo per un cessate il fuoco permanente. Israele si è riservata il diritto di riprendere le operazioni militari dopo 42 giorni se i negoziati non avessero portato a progressi significativi. Hamas, tuttavia, non ha ancora accettato la proposta. Secondo fonti diplomatiche, l’organizzazione terroristica ha espresso riserve, rimandando a un cessate il fuoco permanente dalle condizioni del tutto vaghe piuttosto che accettare i termini di un accordo perimetrato e verificabile. Se la situazione è in fase di stallo, si deve alla volontà di Hamas di portare avanti un conflitto dal quale i terroristi hanno tutto da guadagnare, a spese dei civili.
Il riferimento al video e l’accordo
Un funzionario israeliano entra nel merito dell’incontro, a Washington, tra il ministro israeliano degli Affari Strategici Ron Dermer e l’inviato speciale Usa, definendolo «Non facile». Nel bilaterale sarebbe stato fatto un riferimento al video diffuso lunedì in cui il premier israeliano Benjamin Netanyahu esprimeva la speranza di fare un annuncio in merito agli ostaggi “oggi o domani”, salvo poi chiarire che non si trattava di una scadenza temporale quanto di un modo per sottolineare lo sforzo negoziale. Lo stesso Witkoff vede il bicchiere mezzo pieno: «Ho buone sensazioni su una tregua temporanea e una risoluzione duratura del conflitto», ha dichiarato l’inviato speciale degli Stati Uniti per il Medio Oriente dallo Studio ovale della Casa Bianca. «Se entrambe le parti si muovono anche solo di poco – ha aggiunto- potremmo raggiungere un accordo in pochi giorni». Mercoledì familiari ed ex ostaggi hanno commemorato i 600 giorni di prigionia per i rapiti, attaccando il governo per non aver ancora raggiunto un accordo per la loro liberazione. «Israele è una democrazia plurale, con una società composita, vibrante, in cui esiste una opposizione e una società civile per nulla restìa a dimostrare i suoi punti di vista», aggiunge una fonte delle istituzioni israeliane.
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