Mentre lo Stato di diritto si appresta a perdere i suoi pezzi pregiati, l’Italia ristagna tra alta retorica e distrazioni di massa, «più soldi nelle tasche degli italiani», come irresponsabilmente promesso dall’ineffabile presidente del Consiglio in una manovra spezzettata, fatta di mille proroghe e sempre salvo intese. Intanto il quadro politico della maggioranza si frantuma in mille pezzi, i 5 Stelle ne perdono uno al giorno, Conte pensa a come continuare a far politica “dopo”, il Pd, come sparito, abbraccia Conte, Italia viva spiazzata da Conte, diventato il primo nemico di Salvini. Se non batte un colpo, ma serio, mi pare fuori gioco. L’opposizione, a sua volta: sparita Forza Italia, fermo e in discesa Salvini che certe volte, in assenza di ong, sembra gridare alla luna, Meloni in un fortino in moderata e lenta espansione, questo destra-centro non si sa più che cosa sia, quale sia la sua nuova identità, dopo gli scossoni dei mesi passati.

L’Italia senza nocchiero, ferma nell’economia, nel vuoto di una politica pensata, storicamente determinata in relazione al mutamento dei tempi, tutto gridato però, in modo che dal caos descritto qualche voce cerchi di isolarsi e gridi a piena voce nel vuoto caotico. È la voce che sta distruggendo lo Stato di diritto, l’unica cosa seria che sta accadendo in questa Italia “altruista”, secondo alta retorica. Altruismo è pensare agli altri, ma chi pensa, per fare un esempio ora in gioco, ai condannati a vita da un processo eterno? L’obbrobrio giuridico esercitato sulla prescrizione, che vige dal primo gennaio deve essere smantellato, ma posso dire di aver scarsa fiducia nei timidi emendamenti proposti per ora?

Come se l’unico tema, impossibile se isolato, fosse: proviamo, perché no?, ad accorciare i tempi dei processi e tutto va a posto, quando in Italia non c’è il “processo giusto” proclamato dalla costituzione, non c’è terzietà dell’accusa, mancano condizioni costituzionali di base, e in assenza di queste si decide di abolire una possibile fine del processo stesso. Ah, Mario Pagano, chi era costui? Un povero illuminista napoletano che ragionava sul processo penale, vissuto nel lontano Settecento, e impiccato in Piazza Mercato, rivoltati nella tomba! Tutto questo, quando in Italia, non in Europa, vige una Repubblica penale, non c’è più illecito amministrativo che non sia penale, non c’è indagato che non sia alla gogna mediatica con viva collaborazione di una parte della magistratura e di una informazione spietata, quando la vita privata va spesso sconsideratamente sotto intercettazione; quando la magistratura pretende di rifare la storia d’Italia e giudicarla in vitro. Quando in Italia, unico paese dell’Occidente democratico, una inchiesta giudiziaria, Mani pulite, annientò un intero sistema politico, e da quel vuoto ogni equilibrio è andato perduto, non è stato più possibile, dai partiti che avevano modernizzato l’Italia, un passaggio di consegne.

E poi, il grido contro l’untore prima che ne siano accertate le vere e inconfutabili responsabilità, vedi il caso concessioni ad Autostrade. Il sorriso abbozzato sul volto, sempre quello, jena ridens scrissi in un blog, superfluo il nome, di chi, rivolgendosi alla parte peggiore di un paese, sui morti innocenti dice di sapere tutto, tutto sulle responsabilità, attizzando l’odio sociale, addirittura personificando, con nomi e cognomi, i sicuri colpevoli. E ciò da un posto di responsabilità politica di gran rilievo. E i Pd, scomparso, tace o flebilmente, sottovoce, farfuglia qualcosa. Invece di dirgli: così non puoi fare o dimettiti da ministro! Ecco con il nuovo anno l’augurio: che ci sia nella cultura italiana, dico cultura, nei luoghi dove questi temi possono essere affrontati, con scienza e coscienza, che ci sia in questa cultura un risveglio serio, costante e perfino un po’ gridato per farsi ascoltare oltre il frastuono che ci copre. Non aggiungo altro, è una speranza per l’anno che si apre.