Jeffrey Epstein non si è suicidato. A sganciare la bomba è Julie K. Brown, giornalista del Miami Herald che attraverso la sua inchiesta aveva fatto emergere le accuse di traffico sessuale di minorenni a carico del consulente finanziario statunitense. Un caso che ha scosso la politica e la società americane. Epstein è morto il 10 agosto 2019, nel carcere di Manhattan. E Brown, a due anni dalla morte, pubblica un libro, Perversion of Justice edito dai tipi di Harper&Collins. Una trovata pubblicitaria o un pezzo mancante del puzzle di uno dei casi più sconvolgenti degli ultimi anni?

Epstein era stato arrestato con l’accusa di aver creato una sorta di rete e di aver usato amici, potere, denaro e influenze, anche attraverso minacce e intimidazioni, per abusare di decine di ragazzine. Era stato arrestato il 6 luglio 2019. Aveva 66 anni. Brown aveva identificato 80 vittime passate dalle residenze del consulente a Manhattan, Palm Beach, Little St. James e New Mexico. Secondo le autorità il miliardario si è impiccato in cella con un lenzuolo.

La giornalista ha invece intitolato un capitolo del libro in uscita “Epstein non si è suicidato”. E questa è una delle argomentazioni fornite da Brown in un’intervista a Il Corriere della Sera: “Le autorità non hanno mai reso pubbliche le prove che dicono di avere. Il fratello Mark Epstein e il patologo forense che fece l’autopsia per la famiglia non ci credono. Sono accadute diverse cose sospette: il cadavere è stato rimosso subito, anche se tutti sanno che non va alterata la scena del crimine, di cui peraltro non sono state scattate foto. Né è chiaro che fine abbiano fatto le riprese delle telecamere di sorveglianza. Era in cella con uno spacciatore che proprio quella notte fu inspiegabilmente trasferito. I due guardiani che dovevano monitorarlo si sarebbero addormentati, contemporaneamente. Non c’era alcun biglietto d’addio”.

Sul caso Epstein non sono mancate negli anni versioni alternative e perfino teorie del complotto: le sue accuse avrebbero potuto travolgere anche politici e mondo dello spettacolo – era stato molto amico per esempio sia di Donald Trump che di Bill Clinton mentre Virginia Giuffe, 38 anni, ha appena fatto causa al principe Andrea di Inghilterra, figlio della Regina Elisabetta e del Principe Filippo, per abusi quando lei era minorenne.

Anche il Washington Post scrisse nell’agosto del 2019, pochi giorni dopo la morte, che le ossa del collo rotte dell’uomo avrebbero fatto pensare più a uno strangolamento che a un’impiccagione. Ghislaine Maxwell, ex fidanzata del finanziere, erede del magnate britannico Rober Maxwell, è ancora in carcere, al Metropolitan Detention Center di Brooklyn, in attesa del processo. Le autorità la accusano di aver aiutato Epstein a organizzare l’intero sistema di abusi: avrebbe procurato le minorenni e anche partecipato agli abusi del miliardario. “Senza Ghislaine, Jeffrey non avrebbe potuto fare quello che ha fatto – ha osservato una delle presunte vittime in una dichiarazione durante l’udienza preliminare – era una predatrice, un mostro”. Per Brown tutta quella rete non poteva essere opera di sole due persone.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.