L'incontro
Kirghizistan e Tagikistan siglano la pace storica. Così gli ex vassalli di Mosca strigliano la Russia
Dopo anni di scontri, i due Paesi trovano l’accordo per una cooperazione infrastrutturale ed economica. Dall’Asia Centrale arriva un messaggio a Putin: la regione riduce sempre di più la dipendenza dal Cremlino

Sono luoghi da paesaggi mozzafiato. Steppe selvagge custodite da monti imponenti. Laghi dall’acqua completamente blu ritagliati tra dirupi. Luoghi dal passato epico e da folclori inviolati, eppure oggi ospitano i due Paesi più poveri e remoti dell’Asia Centrale. Il Tagikistan, ufficialmente una repubblica, di fatto una satrapia personale, dove il solito ex burocrate sovietico tiene le redini del governo da trent’anni, vincendo elezioni dal risultato scontato. Il Kirghizistan, sulla stessa traiettoria fino a qualche anno fa, quando ha inaugurato una stagione di ripetute rivoluzioni, senza però uscire da un sistema democratico basato su legami di clan.
Le dispute sfociate in violenze
I due Paesi si contendono territori e risorse idriche, dall’epoca sovietica in cui furono tracciati confini incongrui, che lasciarono al Tagikistan due enclave su suolo kirghiso. Nonostante si tratti di due Paesi formalmente alleati, membri dell’alleanza militare Csto e dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai, le dispute sono sfociate in violenze che hanno causato morti e sfollati, a più riprese, sino a fine 2022. Sintomo anche delle debolezze di Mosca.
Le controversie territoriali
Per questo motivo, l’accordo della scorsa settimana è stato accolto come una pietra miliare nella diplomazia dell’Asia Centrale, un elemento di stabilizzazione per l’intera regione. Permangono tuttavia, per entrambi, ulteriori controversie territoriali con il vicino Uzbekistan. Dopo tre decenni di conflitti, quello tra Tagikistan e Kirghizistan sarà il confine dell’amicizia eterna, come è stato definito in una nota congiunta. Subito riaperti i valichi di frontiera e ripresi i collegamenti aerei tra le due Capitali dopo quattro anni di interruzioni. Concordato inoltre l’utilizzo condiviso di alcune direttrici lungo il confine, la costruzione di due nuove autostrade designate come neutre e il reciproco accesso a infrastrutture strategiche. Completati anche alcuni scambi di territorio, prevalentemente destinati al pascolo, con il Tagikistan che conserverà la sovranità su Vorukh, mentre l’area intorno al ponte di Tort-Kocho passerà sotto il controllo kirghiso.
Le opportunità commerciali
L’accordo approfondisce poi opportunità commerciali, di sviluppo industriale e agricolo. Tra le principali materie, c’è la cooperazione energetica. Sul tavolo il completamento del progetto CASA-1000, in grado di produrre elettricità da distribuire in Pakistan e Afghanistan. In questa partita gioca anche la holding italiana WeBuild, impegnata in Tagikistan, nella costruzione di quella che – quando ultimata – sarà la più alta diga del pianeta, capace di raddoppiare la generazione elettrica del Paese. Grazie ai suoi ghiacciai, infatti, il Tagikistan è la terza nazione al mondo per disponibilità di acqua pro-capite. Potenzialità tradite da infrastrutture obsolete e carenti. Mentre gli occhi del mondo sono puntati su una possibile tregua in Ucraina, tra le montagne più dimenticate, due piccoli Paesi, un tempo vassalli di Mosca, provano a indicare la via alla loro antica soggiogatrice.
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