La potremmo chiamare «nuova questione meridionale». Non riguarda lo sviluppo, l’industria e il benessere economico. Riguarda la fascia più debole della società che, allo stesso tempo, rappresenta il suo futuro: i bambini. A 240 anni dall’unità d’Italia, esistono ancora differenze enormi tra il Nord e il Sud del Paese e il luogo in cui si nasce inevitabilmente fa la differenza. E non solo per le opportunità.

In Campania i bambini rischiano più degli altri di morire da piccoli, sono più obesi, vanno meno a scuola, fanno meno sport e sono meno connessi a Internet. E, come se non bastasse, se hanno una disabilità hanno sedici possibilità su cento di contare su un insegnante di sostegno, mentre le possibilità, per i loro coetanei che vivono al Nord o al Centro, sono molto più elevate: in Toscana, per esempio, le possibilità superano il 51%. È quanto emerge dal dossier del gruppo di lavoro per la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (Gruppo Crc), un network composto da cento soggetti del Terzo Settore impegnati nella promozione e nella tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, un gruppo coordinato da Save the Children Italia. I numeri impietosi, che descrivono le forti disuguaglianze sociali, economiche e culturali che caratterizzano il mondo dei più piccoli, sono stati pubblicati nella seconda edizione del rapporto «I dati regione per regione 2021», che considera 164 indicatori per valutare le condizioni in cui versano i quasi dieci milioni di minorenni nel nostro Paese.

«In Italia permangono ancora numerose e profonde disuguaglianze regionali nell’accesso e nella qualità dei servizi di salute, dei servizi educativi, e nell’incidenza della povertà», afferma Arianna Saulini di Save the Children, coordinatrice del Gruppo Crc. Significa che ragazzi e bambini hanno opportunità e diritti diversi a seconda di dove nascono e crescono. «Si tratta – conclude – di una forte discriminazione su base regionale, che ha un forte impatto sulla vita dei bambini, e che rende indispensabile avviare una programmazione strategica in grado di investire con efficacia sull’infanzia e adolescenza». Consideriamo l’educazione: il numero di posti nei servizi educativi per la prima infanzia, per 100 bambini fino a due anni, è in aumento a livello nazionale (26,9 mentre era di 22,8 tre anni fa) e praticamente in tutte le regioni. Tuttavia, ci sono ancora forti differenze tra aree geografiche: si va dal 43% dell’Umbria al 10,4 della Campania e 10,9 della Calabria. Non va meglio se si considerano l’accesso e la qualità dei servizi di salute. In Campania, ma anche in Calabria, in Sicilia e in Basilicata, i bambini muoiono di più.

La mortalità infantile (2,88 a livello nazionale) vede le percentuali schizzare e superare il 3,8 nel Mezzogiorno. Eppure nel Sud c’è la più alta percentuale di minori: in Campania sono il 17,4% della popolazione a fronte del 15,7 della media nazionale. Ma ai bambini della Campania sono riservati meno diritti e meno opportunità. Senza contare il gap culturale: leggono poco nel tempo libero e patiscono una maggiore povertà educativa digitale. Se, infatti, l’85,2% dei minori di Bolzano usa il web attraverso varie piattaforme, nelle nostre città si arriva al 22,3%. «Nei certificati di nascita è scritto dove e quando un uomo viene al mondo, ma non vi è specificato il motivo e lo scopo». Parafrasando Anton Pavlovic Cechov, potremmo dire che già un atto di nascita rischia di contaminare il futuro di un bambino.

Avatar photo

Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).