Basterebbe leggere l’esordio dell’ennesimo rapporto dell’Onu sulla presunta carestia a Gaza per capire a quale livello di mistificazione si ricorra da quelle parti per continuare con altri mezzi la guerra informativa condotta dalle dirigenze terroristiche palestinesi. Questa volta il lavoro proviene da Michael Fakhri, “Un special rapporteur on the Right to Food”, il quale ha affastellato ventiquattro pagine di propaganda e notizie false da sbattere in faccia a un uditorio pronto a farle proprie e a divulgarle senza perplessità. Un capolavoro contraffattorio, efficacemente impreziosito da voragini di omissioni sull’effettiva situazione della guerra e della popolazione civile.

L’annuncio che non c’è mai stato

L’esordio, appunto, dice tutto: “Il 9 ottobre 2023”, racconta, “Israele ha annunciato la propria campagna per affamare Gaza”. Ovviamente questo annuncio non c’è mai stato, né il “rapporto” dell’Onu spiega chi l’avrebbe fatto. Il riferimento – implicito quanto fuorviante – è ovviamente alla dichiarazione del ministro Gallant che aveva annunciato il taglio delle forniture di cibo ed energia nell’approssimarsi dell’azione militare, una dichiarazione che non solo non ha mai impegnato il governo ma che, soprattutto, non è stata mai posta in esecuzione. Ciò nonostante, quel rapporto “dimostra” tramite quella petizione di principio che Israele ha posto Gaza in carestia, con la conseguenza che a Gaza si muore di fame dal 9 ottobre (falso) perché dal 9 ottobre Israele ha annunciato di voler far morire di fame due milioni di persone (falso).

La carestia che non c’è stata ma ha fatto più di 40mila morti

Basta? No che non basta. Spiega infatti l’estensore del rapporto-bufala (c’è da tenersi forte) che “A Gaza, malnutrizione, carestia e malattie uccidono più persone di bombe e proiettili”. Come è noto, nel volantinaggio dei numeri forniti da Hamas l’Onu afferma che a Gaza sono state uccisi più di quarantamila individui (i più disinibiti consulenti delle Nazioni Unite aggiungono che sono perlopiù, se non tutti, civili). Ora veniamo a sapere che altrettanti – anzi, di più! – ne hanno uccisi la malnutrizione e la carestia, cioè a dire la cosa che avrebbe dovuto essere “imminente” nel dicembre del 2023, poi “imminente” in gennaio, febbraio, marzo, aprile, maggio, giugno, luglio, agosto del 2024, salve le rilevazioni che via via certificavano – mannaggia – che non c’è stata carestia né l’anno scorso, né poi in gennaio, febbraio, marzo, aprile, maggio, giugno, luglio, agosto di quest’anno. Eppure la fame ha fatto più di 40.000 morti, dice il “rapporteur”.

Basta? Ma figurarsi se basta. Questo significativo rapporto (datato metà luglio, ma il vernissage all’Onu è previsto più avanti) aggiunge con febbrile indignazione che una componente fondamentale dell’esperimento genocidiario israeliano sta nell’aggressione portata all’Unrwa (l’agenzia Onu per il sussidio dei rifugiati palestinesi in Medio Oriente), in particolare con l’oltraggiosa allegazione secondo cui personale di quell’agenzia avrebbe partecipato ai massacri del 7 ottobre. Per effetto di questo malizioso colpo di mano, spiega il rapporto, una pluralità di soggetti finanziatori avrebbe minacciato – ma vedi tu – di tagliare i fondi all’Unrwa, e questo nonostante il fatto che le accuse israeliane non fossero documentate.

Il silenzio sul milione di tonnellate di cibo entrato a Gaza

Deve essergli mancato il tempo di emendare il testo alla luce della decisione dell’Unrwa di licenziare nove dipendenti coinvolti negli eccidi, negli stupri e nelle deportazioni del Sabato Nero. E forse per ragioni di spazio il rapporto di questo signore doveva omettere di occuparsi della notizia, non smentita, circa il miliardo di dollari ripulito dall’Unrwa e reso disponibile direttamente ad Hamas. Così come omette, quel rapporto, qualsiasi riferimento allo spiacevole dato riguardante il milione di tonnellate di cibo entrato a Gaza in undici mesi, una verità poco compatibile nella confezione della storia sul genocidio per fame. Questa è l’organizzazione internazionale cui occorrerebbe affidarsi per il ripristino delle ragioni della pace. La pace della menzogna e dell’informazione adulterata. La pace dal fiume al mare.