Il centrodestra è piombato nel caos comunicativo: si va verso una governance a tre
La comunicazione del governo Meloni è una polveriera: oscilla tra addii e ambizioni
Con la partenza di Mario Sechi, che da Chgi trasloca alla direzione di Libero, la comunicazione del Palazzo va verso un riassetto a tre punte: Fazzolari, Alfano, Ianniello. Ma il contesto in cui si muove il centrodestra, non solo quello al governo, è di un totale caos comunicativo, dal caso De Angelis agli addii di numerosi portavoce dei ministri.
Con l’arrivo di Mario Sechi alla direzione del quotidiano Libero, è tempo anche di un riassetto della comunicazione di Palazzo Chigi. Una polveriera, in cui fino a questo momento hanno dominato rivalità, dualismi e qualche veleno. Come anticipato da Il Foglio, per il momento, il ruolo di coordinatore della macchina comunicativa di Giorgia Meloni spetterà a una figura politica: il sottosegretario a Palazzo Chigi Giovanbattista Fazzolari, fedelissimo della premier.
Ma sbaglia chi semplifica, come viene spiegato anche da varie fonti a conoscenza del dossier della comunicazione della presidenza del Consiglio. “Fazzolari non prenderà il posto di Sechi”, è la voce che arriva da ambienti vicini al governo. “Fazzo”, piuttosto, avrà un incarico a tempo, di coordinamento politico della struttura. “Riorganizzerà la macchina per potenziare il funzionamento, stabilire meglio i compiti di ciascuno, e dare quotidianamente le linee guida”, ha già fatto sapere Meloni in un messaggio interno, consegnato ai suoi nelle scorse settimane. Ma se Fazzolari sovrintenderà politicamente alla macchina comunicativa, chi è che andrà a prendere, formalmente, il posto che è stato occupato fino a ieri da Sechi?
Ad oggi, la soluzione preferita dalla premier e dal suo cerchio magico sembra quella interna. Ovvero ricorrere a Fabrizio Alfano, attuale vice capo ufficio stampa di Palazzo Chigi. Alfano è stato capo della redazione politica dell’agenzia Agi, la stessa diretta da Sechi fino al suo arrivo alla corte di Meloni, ma soprattutto è stato portavoce di Gianfranco Fini dal 2008 al 2013, quando l’ex leader di Alleanza Nazionale ha ricoperto la carica di Presidente della Camera. Anche Patrizia Scurti, la capo segreteria della premier, è un’eredità di Fini. Infatti l’ex capo di An la scelse come vice della sua segretaria e poi la consigliò a Giorgia Meloni nel 2006, quando l’attuale presidente del Consiglio divenne vicepresidente della Camera. Ma soprattutto Alfano, a differenza di Sechi, è molto apprezzato dagli altri componenti dell’entourage meloniano. Considerato un “grande professionista”, in tanti fanno notare anche la differenza di carattere tra lui e il giornalista sardo approdato a Libero. “Alfano durerà perché non è una prima donna”, sussurrano da Fratelli d’Italia. Uno che non soffre a presidiare la seconda fila, a differenza dell’ormai ex capo ufficio stampa di Palazzo Chigi. Che, secondo le malelingue interne, “non sa stare nell’ombra”. E infatti, nei Palazzi, non manca chi sostiene che Sechi non avrebbe proprio dovuto accettare la proposta di Meloni, arrivata dopo un lungo casting e una serie di rifiuti ricevuti da altri giornalisti.
D’altronde Sechi non si è mai “preso” nemmeno con Giovanna Ianniello, la storica portavoce di Meloni. A differenza degli altri nomi menzionati, Ianniello viene dalla militanza politica nella destra italiana. Ma anche il suo ruolo ha contorni poco definiti. Ufficialmente è il “coordinatore della comunicazione istituzionale” di Palazzo Chigi, ma si muove da portavoce di fiducia. Pure lei avrebbe voluto qualche gallone in più, magari la nomina al posto di Sechi. Ambizioni legittime, a maggior ragione alla luce della probabile promozione di Alfano. Da mesi si parla dell’insoddisfazione di Ianniello, tanto che alcuni rumors la davano verso il comando della comunicazione di Francesco Rocca, presidente della Giunta regionale del Lazio.
E qui arriviamo a una declinazione più generica del caos comunicativo in cui versa il centrodestra di governo. Una polveriera che va ben oltre Palazzo Chigi. Proprio in Lazio abbiamo assistito alla caduta di Marcello De Angelis, l’ultimo di una lunga serie di portavoce divorati dalla coalizione di governo. Il caso di De Angelis, ex esponente di Terza Posizione, ha messo non poco in imbarazzo la Meloni. La premier non ha mai voluto intervenire sulle polemiche che hanno travolto l’uomo di Rocca. Dalle frasi sulla strage di Bologna ai testi anti-semiti e filofascisti di alcune sue canzoni ai tempi in cui era il frontman del gruppo di “musica alternativa” 270 bis.
Non c’è solo De Angelis, tra gli esperti di comunicazione “bruciati” in questi undici mesi di governo Meloni. Dall’inizio della legislatura hanno mollato i portavoce dei ministri Adolfo Urso, Gennaro Sangiuliano, Giuseppe Valditara, Daniela Santanché e Anna Maria Bernini. Un record, spia di un problema più ampio rispetto ai singoli casi. In Fratelli d’Italia non sottovalutano le difficoltà nella ricerca dei professionisti giusti. Ma imputano la fuga degli addetti stampa alla mancata tempra dei cronisti che avevano scelto di traslocare nel Palazzo. “Un conto è scrivere un articolo o lavorare in una redazione, altra cosa è fare il portavoce di un ministro, sono dei lavori completamente diversi”, spiega una fonte parlamentare di Fdi. “Non hanno retto i ritmi di lavoro”, si giustificano ancora dal partito di Meloni.
Insomma, tutta colpa dei giornalisti. Che, magari, attirati da una retribuzione più alta si imbarcano in un mestiere totalmente diverso rispetto a quello che facevano fino al giorno prima. E così si finisce per appaltare la comunicazione ai politici o all’usato sicuro. Esattamente quel che sta accadendo a Palazzo Chigi. Con la partenza di Sechi, ci si avvia a una governance a tre. Fazzolari sarà il garante politico della struttura. Alfano potrebbe trovarsi a fare il capo ufficio stampa, con un profilo meno ingombrante del predecessore. Mentre Ianniello rimarrà la portavoce di fiducia, ma senza gradi sulla giubba.
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