Giorgia Meloni ieri è andata a commemorare l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Nel settantanovesimo anniversario. L’accompagnavano Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana. Presidenti di Camera e Senato. Mammamia, ragazzi: pensare che una volta ci andavano Ferruccio Parri, Foa, Pertini e Terracini. E anche Saragat. Vabbè, succede. Il problema è che Giorgia Meloni ha spiegato che alle Fosse Ardeatine i tedeschi uccisero 335 persone solo perché erano italiani. È insorta l’Anpi e sono insorti i partiti democratici che hanno provato a spiegare alla presidente del Consiglio, senza successo, che no, non furono uccisi perché italiani ma perché antifascisti.

Probabilmente la Meloni ignorava questo dettaglio, altrimenti certamente non avrebbe nascosto la circostanza. Il problema è che forse bisognerebbe dotare la premier di uno staff in grado di informarla sui principali fatti storici. E infatti queste poche righe le scrivo per fornire degli appunti a Mario Sechi, sulla base dei quali potrebbe consegnare a Giorgia una schematica nota informativa. Per le emergenze. Eravamo nel 1944. Mese di marzo. Tutta l’Italia centro-settentrionale, fino a Roma, era occupata dalle truppe naziste e sotto il giogo della dittatura fascista. Il premier era Benito Mussolini. Fascista. Il capo del partito fascista Alessandro Pavolini. Il ministro dell’Interno Buffarini Guidi. Fascista.

Il capo delle truppe di occupazione era il generale Albert Kesselring. Il capo delle SS a Roma Herbert Kappler (credo che fosse colonnello) e il suo vice era Erich Priebke (tenente). I partigiani, in città (si chiamavano Gap) combattevano i tedeschi e i fascisti. Il 23 marzo i partigiani comunisti, guidati da Giorgio Amendola, Carla Capponi e Sasà Bentivegna, attaccarono una colonna militare tedesca che marciava su via Rasella, vicino al Quirinale. Uccisero 33 soldati nemici. Il giorno dopo il colonnello Kappler fece trasferire da Regina Coeli alle Fosse Ardeatine 335 prigionieri, quasi tutti politici o ebrei, e li uccise uno ad uno con un colpo alla nuca. Poi, con l’esplosione di una carica di dinamite, fece crollare la cava trasformandola in tomba collettiva.

La lista dei 335 condannati a morte la avevano preparata il questore Caruso (italiano) e il ministro Buffarini (italiano). Le vittime non furono uccise perché italiane, ma perché ebrei o partigiani appartenenti in maggioranza al partito d’Azione e al partito comunista, ma anche socialisti, cattolici, liberali, trotzkisti o senza partito. Fu ucciso anche il colonnello Montezemolo, che sei mesi prima aveva guidato la resistenza dei partigiani che avevano tentato di fermare l’avanzata tedesca a Porta San Paolo. Furono uccisi tutti per ragioni politiche, non perché italiani. Tra loro c’erano almeno una decina di cittadini stranieri (anche tedeschi). Ecco, amico Sechi, spiegagliele bene, a Giorgia, queste parole: comunista, azionista, socialista, ebreo, trotzkista. Vedrai che piano piano le capisce. E poi, quando è più serena, sussurrale all’orecchio la parola magica davvero: an-ti-fa-sci-sta.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.